LETTURE DI RIFERIMENTO

Dal libro di Giobbe
A me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza.  Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene.

Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.

RIFLESSIONE

8 febbraio 2015

CI PRENDIAMO UN CAFFÈ?
5a domenica del Tempo Ordinario B

“Se corri dietro alle farfalle non riuscirai mai a raggiungerle.
Se curi un giardino esse verranno da te”.

Questo proverbio orientale ci apre un angolo di visuale sulle risposte che ogni giorno inseguiamo e ci scappano.

Settimana scorsa abbiamo incontrato Gesù nella sinagoga e ci siamo fatti provocare dai punti di domanda sulla Chiesa.

Oggi Gesù si fa trovare in una casa, dalla suocera di Pietro.
Ciò che fa da sfondo però è il dolore.
Forse sta qui il vero e più pesante punto di domanda che, come malessere interiore, lacera più di una lama ed è un fardello a volte più insostenibile della stessa malattia.

Gesù di fronte a questo mare di dolore, a questi occhi bruciati dalle lacrime dei perché non dice nulla.
Fa solo un gesto: prende per mano.

Di fronte al mistero del dolore, della crisi, della sofferenza ogni parola è stonata. Non è facile dire qualcosa.
Mi è venuto in mente allora questo fatto, dove la saggezza pratica di una mamma “batte” la teologia.

Una ragazza, che non ce la faceva più, chiese alla madre:
perché valeva la pena vivere una vita così difficile?
Era stanca di combattere! Non appena pensi di aver risolto un problema, subito un altro si affaccia e ti schiaccia.

La madre andò in cucina, prese tre pentolini e mise a bollire nel primo delle carote, nel secondo delle uova e nel terzo del caffè solubile.
Poi presentò alla figlia le carote, le uova e versò il caffè.
La donna invitò la ragazza ad osservare con attenzione:
le carote erano molli e si disfacevano con facilità, le uova erano diventate sode, dure e compatte, il caffè scuro aveva un ricco aroma profumato.

Allora domandò: “Che cosa mi hai voluto dire, mamma?”
La madre le spiegò che ogni oggetto ha dovuto fare i conti con l’acqua bollente, ma ognuno ha reagito in modo diverso.
La carota prima era dura, solida, compatta, ma scottata dall’acqua bollente, si è rammollita ed è diventata friabile.
L’uovo era fragile fuori ma vivo dentro, però scottato, si è inaridito, indurito, ha perso la promessa di vita che era, e il suo guscio di protezione si è tutto incrinato.
Il caffè solubile, invece, ha reagito in modo unico:
ha cambiato l’acqua!
“Tu come sei?” domandò la madre alla figlia.

Quando il dolore bussa alla tua porta, come rispondi?
Sei carota, uovo o caffè? Ci hai mai pensato?
Sei come la carota che sembra forte, ma nel dolore e nell’avversità diventa molle e perde la sua solidità?
Sei come un uovo, che ha il cuore tenero e pieno di vita, ma che con i problemi si irrigidisce, si impoverisce e vede creparsi tutto il suo guscio di sicurezze?
O sei come il caffè che affronta l’acqua bollente al punto tale da cambiarla, da trasformarla?
E proprio mentre si scotta rilascia tutta la sua fragranza, tanto che tu puoi addirittura bere quell’acqua bollente!

Se sei come il grano di caffè, quando la vita ti scotta, è proprio il momento per far uscire il meglio di ciò che sei.
Così la sofferenza non è tolta, ma è trasformata!”.

L’acqua bollente scotta comunque, non ci sono scappatoie, la questione sta nel come tu decidi di starci dentro.
Gesù non ha detto nulla, ci ha solo teso la sua mano aperta e lo ha fatto per sempre proprio quando gliel’hanno bucata!

Di fronte ai densi punti di domanda della vita, lasciarci prendere per mano per rialzarci significa capire che “se corri dietro alle farfalle non riuscirai mai a raggiungerle.
Se curi un giardino esse verranno da te”.

Alla fine, è vero, il racconto è un po’ scontato, ma in ogni caso, forse, ogni volta che prenderemo un caffè troveremo un sorso di speranza, anche se scotta o è amaro!