giudizio universale

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna»

RIFLESSIONE

23 novembre 2014

E ALLA FINE?
Solennità di Cristo Re dell’universo

Dinnanzi alla famosa scena del Giudizio alla fine dei tempi forse ci può essere dentro di noi uno sbaglio di interpretazione, quello della curiosità: cosa succederà? io da che parte sarò?

Gesù non ha voluto descrivere la cronaca di ciò che succederà, vuole offrirci una verità dentro una scatola fatta dalla fantasia.

Attraverso un’immagine comune per il suo tempo, cioè quella del pastore che ha cura del suo gregge, ci porta a spostare lo sguardo dal futuro al presente.
È il presente che determina la qualità del futuro.

Il giudizio sulla nostra vita,
cioè ciò che determina la qualità della nostra vita, non sta in cielo tra le nuvole, ma è nelle nostre mani.

È interessante che nel testo del Vangelo di Matteo non ci sia alcun atteggiamento religioso determinante:
non c’è perché mi ha pregato, perché sei andato in pellegrinaggio, perché sei stato in ginocchio con le mani giunte.

Ancora più significativo che manchi il verbo “amare”.

Cristo usa criteri come dar da mangiare, dar da bere, vestire, curare, preoccuparsi, andare a trovare, soccorrere.
Sono i verbi tipici della realtà quotidiana di una mamma.
La concretezza spiccia di ogni giorno è per noi il giudizio finale.

Mi sono chiesto come Gesù racconterebbe oggi questa parabola?
Forse (Dio perdoni la fantasia) avrebbe potuto ridirla così.

Alla fine del mondo si formò davanti a Dio una grande fila, perché ognuno doveva mostrargli i grandi risultati della vita:
“Tu mi hai soccorso quando ero ferito nell’incidente in auto…
Tu hai educato tanti “orfani di genitori viventi” dando loro quello che padre e madre separati si contendevano al rinfaccio…
Tu hai fatto un prestito senza interessi a quel papà licenziato…
entra nella reggia della gioia, vieni a ricevere il premio eterno”.

Una povera donna, presa da tanta paura, lasciava passare tutti, perché non ricordava di aver mai fatto niente di eccezionale, finché il Signore la notò, la chiamò e la avvolse col suo sorriso:
“Tu hai sempre stirato tutte le mie camicie. Entra nella gioia!”

Sgomitando, invece, si fece avanti un tale che vantava di avere la mani pulite, morbide, mai sporcate con nulla.
Ma all’ingresso fu fermato: “Dove vai? Tu non puoi entrare!”.
“Ma come? Guarda le mie mani pulite, perfette”.
“Appunto, tu, amico, neppure ci hai provato a vivere.
Non ti avevamo chiesto chissà cosa, ma almeno di provarci.
Vattene, non è il tuo posto questo. Qui si celebra la vita!”.

Non minimizziamo al solito “vedere Gesù nel bisognoso”.
È di più: è vedere Gesù specchiato nelle “mie” pochezze.
Questo è lo straordinario: riuscire a vedermi io bisognoso, che ho fame di affetto, che soffro il freddo dell’incomprensione, che sono prigioniero di errori, che ho ferite aperte sul cuore.

Solo se imparo a guardare negli occhi la mia fragilità solo se imparo a voler bene alla mia debolezza imparerò non a dare l’aiuto di un euro al semaforo ma a capire che il povero, ma quello vero, è chi vicino a me e ha bisogno di un sorriso, di una chiacchierata, di una carezza.

Tutto quello che viviamo qui e ora ha un valore decisivo.
Così potremo vedere Dio sorriderci mentre ci dice:
mi hai visto piangere le tue lacrime e ferito delle tue ferite, mi hai visto consumato dalla fame dei tuoi stessi desideri, mi hai visto imprigionato dalle tue catene di sbagli e mi hai voluto bene, perché ti sei voluto bene… entra nella gioia del mio paradiso!