gesu_bambiniVANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

RIFLESSIONE

6 luglio 2014

H4
14a domenica del Tempo Ordinario

Quando Gesù fa sgorgare questo dialogo intimo con Dio, la folla non lo trova più molto simpatico e dubita di lui.
Quel che è peggio, molti fra i suoi discepoli se ne vanno.
Gesù non era accettato da chi in base ai propri preconcetti rivendicava il diritto di sapere cosa pensa Dio. Così è anche oggi.

La questione determinante dello scontro è in una parola scomoda ma che ha densità eccezionale e forza dirompente: umiltà.
Spesso viene disinnescata dandole rivestimenti di debolezza.

Humilitas – in latino – è madre tre figli: humus, homo, humor.
Humus è l’origine, il terreno, la base feconda.
Homo è il “fare l’uomo” cioè la maturità che affronta la vita.
Humor è la superiorità del saper guardare le cose col sorriso.

Due monaci videro sulla riva del fiume una donna molto bella.
Come loro doveva attraversare il fiume, ma aveva paura.
Così uno dei due monaci se la prese sulle spalle.
L’altro, scandalizzato, gli rimproverava quel gesto inappropriato:
aveva dimenticato che era un monaco? Non si fanno certe cose.
Come aveva osato toccare una donna e portarla in groppa?
Cosa avrebbe detto la gente? E così via.
Il monaco rimproverato ascoltò pazientemente la lunga predica, ma ad un certo punto lo interruppe dicendo:
“Fratello, io ho lasciato quella donna al bordo del fiume.
Tu la stai ancora portando con te. Liberati da questo peso”.

Due monaci, due professionisti di umiltà, ma due visioni opposte.
Uno trasforma l’umiltà del saio in giudizio acido sull’apparenza.
L’humus di uno fa fiorire gesti di premura. L’altro è arido.
L’umanità del primo che prende in braccio e poi lascia giù si scontra con la malizia del secondo mascherata da perbenismo.
L’humor pungente che zittisce il severo predicozzo moralista è la capacità di vedere le cose col sorriso, di vederle dall’alto, di dare il giusto peso perché ciò che determina il valore del gesto non è l’apparenza ma l’intenzione.

L’umorismo (humor) è vedere le cose dal punto di vista di Dio, sorridi perché cogli il bene dentro i gesti di ogni uomo (homo).
Questo è il bene fecondo, è il terreno fertile, l’humus del positivo.
L’humor è possibile solo se hai il coraggio dell’humilitas.

Gesù oggi ci dice: “Venite a me voi che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”.

Quante volte ci sentiamo stanchi e oppressi da pesi e zavorre.
La vita ci mette alla prova buttandoci addosso fatiche e dolori, ma proviamo a chiederci quante volte siamo noi a cercarcele, quante volte siamo noi a metterci sulle spalle montagne inutili.

Gesù non parla di bacchetta magica che risolve, ma di un giogo.
Il giogo implica lavoro e che questo sia fatto legato a qualcuno.
Quando l’uomo scopre il giogo l’aratro va più in profondità, la fatica è condivisa, il raccolto decuplica.

L’umile e mite non è chi che se ne sta buono buono, bonaccione, che non si esprime, non si arrabbia mai e gli va bene tutto.
È colui che ha sperimentato la crisi, la fatica, il dubbio:
la macina della vita lo ha reso tenero, essenziale, elastico.

È il coraggio di portare a testa alta la propria “humanitas”, la propria origine (humus), il proprio essere (homo).
L’umiltà è la bellezza di potersi vedere per quello che si è, senza fuggire, senza mentirsi. Apprezzarsi sorridendo con humor.
Il contrario dell’umile è il presuntuoso.

L’umiltà di Cristo brilla sulla croce che è il suo giogo:
dove egli affaticato, oppresso, ferito sa sorridere tra le lacrime.