parlare ai sacerdoti

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
RIFLESSIONE

12 ottobre 2014

IL VESTITO DELLA FESTA
28ma domenica del tempo ordinario A

Ancora una parabola che parla di un fallimento di Dio:
un Dio che invita l’uomo a sedersi per fare festa insieme, e trova l’uomo preso da mille impegni e affari, che gli risponde: “Non ho tempo!”

Quante volte anche noi ci siamo trovati a dover dire a Dio:
“Signore, non pensare che non ti voglio bene, non ti prego solo perché proprio non ho tempo, durante il giorno ho mille cose da fare, sempre di corsa, alla sera sono stanco morto… non ci riesco proprio…”.

Però ciò che mi scuote di più sono le ultime righe:
Dio che si arrabbia con il tipo che non ha il vestito nuziale.
Non si è arrabbiato così tanto con chi gli ha detto di no.
Almeno lui c’era: perché arrabbiarsi così tanto per il vestito?

Se tu vai a un matrimonio in tuta da ginnastica o da lavoro vuol dire che per te quel matrimonio non vale niente, che non ti tocca minimamente, che non ti dice niente.
Vuol dire che chi si sta sposando non è tuo amico, non ti sta a cuore e stai solo passando di lì, per caso o curiosità.

Quando invece si sposa una persona cara, è un momento di festa che coinvolge il cuore e il volto allora cerchi e metti il vestito più bello, ti curi, ti prepari.
Chi ti vede, anche da lontano si accorge che sei in festa.

Il Signore ci fa capire che non conta “andare” a Messa, solo per una fedeltà tristemente e noiosamente rispettosa ma determinante è la qualità di un rapporto di amicizia con lui.
Non ci vuole tanto “credenti in chiesa”, quanto “credibili fuori”.

Noi però ogni domenica, nonostante una settimana piena e dura, siamo di quelli che diciamo “Sì” all’invito e veniamo da lui.
Quante volte però non è un momento di festa ma un peso?
non è un invito a nozze ma un’abitudine?
non è lo stare con un amico ma ad un teatrino?

Quale è il vestito del nostro cuore quando veniamo a Messa?
Sant’Agostino ha detto commentando questo brano:
“Il vestito bello della festa da indossare è l’amore”.

È curioso come tanti anni fa magari non c’era da mangiare eppure c’era il vestito bello, quello della domenica.
Era un segno che esprimeva una verità profonda.
Noi oggi siamo più “avanti”. Abbiamo capito che non serve che il vestito fuori sia bello, ciò che conta è il vestito del cuore.

Ciò che conta non è il nostro andare a Messa (la religione, il rito) ma ciò che questo porta nella nostra vita (fede, speranza, amore).
Proviamo a chiederci: come io mi lascio toccare, provocare, smuovere, interrogare dall’incontro con questo amico Dio?

Mi viene in mente una frase dell’antico filosofo greco Plutarco:
“Dio è la speranza del forte e non la scusa del vile”.

Ma, attenti bene, l’amore vero lascia liberi.
Nessuno può costringere una persona a ricambiare l’amore.
Nemmeno Dio. Anzi, Dio si pone un limite: la nostra libertà.
Non viola la nostra privacy, la sua presenza è discreta, tanto che il suo invito stenta a farsi udire in mezzo al frastuono delle nostre vite complicate.
L’unica cosa che Dio non sopporta è l’ipocrisia e la falsità.

Forse non ci sentiamo inviati degni della festa del Signore, forse pensiamo che Dio inviti persone più riguardose di noi, meglio essere così perché alla fine Dio manderà a cercarci e ci farà accomodare nei banchi lasciati vuoti dai “soliti bravi”
purché il nostro cuore abbia il vestito bello dell’amore anche se magari un po’ stropicciato.