vangelo_giornoLETTURE

Dal primo libro dei Re
In quei giorni, Elia, essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb, entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

Dal Vangelo secondo Matteo
Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!

RIFLESSIONE

10 agosto 2014

LA TEMPESTA DI DIO
19ma domenica del tempo ordinario A

Il vangelo di oggi è forte. Non si sa cosa sia successo davvero.
Possiamo ipotizzare forse un momento di crisi, una tempesta tra i discepoli e Gesù che è stata riletta e interpretata così.

Una barca sballottata da onde minacciose. Terrore e spavento.
Gli apostoli proprio non ci fanno una bella figura:
strafottenti pescatori finché il mare è tranquillo e impauriti naviganti quando la barca s’arrabatta sulle onde.

Il mare può dare pesca copiosa oppure nottate insonni e tristi.
Il mare per gli ebrei rappresentava il caos, il disordine, il male.
Non ci sono riferimenti, non ci sono appigli, si è in totale balia.
Sei solo con te stesso, con le tue angosce e i tuoi mostri interiori.
Ci sono momenti della vita in cui nessuno può raggiungerti, ma è proprio quando sei solo che capisci davvero chi sei.

“Sul finire della notte”: non è un’ora ma uno stato. Buio pesto.
È quando non sai più dove andare, dove sbattere la testa, è quando tutto ti sembra contrario o nemico, è quando non sai più orientarti, non c’è luce, non c’è speranza.

Peggio ancora: “la barca distava molte miglia dalla riva”.
Sei dentro nella tempesta ed è troppo tardi per tornare indietro.
È l’angoscia più tremenda, quella che paralizza.
Dio sembra lontano, assente, se non addirittura nemico e ostile.

Il Vangelo ci dice qualcosa di molto strano: Dio abita la tempesta.
Ha la pretesa di dire che le tempeste non sono belle, ma utili.
Sono dure e difficili. A nessuno piace il dolore, neanche a Dio.
Certe medicine o operazioni però sono necessarie per guarire anche se sono amare o dolorose.

Le tempeste ti sono date perché tu possa cambiare rotta.
Tu hai la tua direzione e ne sei convinto. Vai avanti dritto.
Che cosa può aprirti gli occhi se non una tempesta?

Tu mica capisci che quella tempesta è Dio.
Anzi come loro dici: “E’ un fantasma!”: un mostro, una disfatta.

Succedono anche nella vita di coppia le tempeste tremende.
Dietro alla rabbia ti accorgi che è da tempo che ci si è allontanati, che si sono date per scontate tante cose e rimandato troppo altro.
La tempesta ti fa vedere ciò che hai perso in un angolo buio.

Sono momenti difficili duri, ma possono essere travaglio di parto.
È l’esperienza di Elia e poi di Pietro e degli Apostoli.
Vorremmo Dio come vento impetuoso che spazza via i problemi, vorremmo Dio come fuoco che brucia gli ostacoli, vorremmo Dio come terremoto che fa crollare i nostri labirinti, ma “Dio non era nel vento, nel fuoco, nel terremoto”.
Dio era “nel mormorio del vento leggero”
(letteralmente “nel suono del silenzio”) che segue la tempesta.

Dio ha il volto della tempesta e ha la voce dell’arcobaleno che sussurra: coraggio! non temere! non avere paura!

Dubbio, fede, grido è invece il miscuglio della risposta di Pietro.
Ci assomiglia nel suo umanissimo oscillare e affogare nella paura in quella fede piccola che sfida la grande tempesta.
Proprio al momento della mancanza di fede arriva Dio.
Non punta il dito per giudicare, ma stende la mano per afferrarci.
Il grido di paura dell’uomo diventa abbraccio col silenzio di Dio.

Steve Jobs nell’infuriare della tempesta del tumore ha scritto:
“Il vostro tempo è limitato,
per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro.
Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore.
Abbiate il coraggio di seguire le intuizioni del vostro cuore:
in qualche modo loro sanno cosa volete realmente diventare”.

Questo è un esempio della capacità di camminare sulle acque.