gesu3                                                                                                                                                                                     VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
RIFLESSIONE

13 luglio 2014

L’ANGOLO NASCOSTO
15a domenica del tempo ordinario

“io” selezionerei subito il terreno, facendo bene i miei calcoli per non sprecare tempo, soldi, energia e fatica.

Di fatto la parabola è la storia di un fallimento catastrofico.
Tutto comincia nel sorriso della speranza, ma non tarda ad essere ridotto ad un nulla: gli uccelli, le pietre, le spine.
Il primo terreno è la durezza, l’impenetrabilità, l’ovvio solito.
Il secondo terreno sono i facili entusiasmi.
Il terzo terreno sono le condizioni soffocanti e limitanti.

Le zolle della nostra vita soffrono questa stessa aridità che possiamo modernamente definire con la parola “paura”:
la paura di non farcela, la paura che tutto andrà peggio, la paura di non riuscire a realizzare i propri sogni, la paura della solitudine e dell’incomunicabilità, la paura che l’amore non sia per sempre, la paura che il dolore e il fallimento abbiano l’ultima parola, la paura che Dio non ci sia o che non ascolti o non risponda, la paura una esistenza arrugginita e di un cuore stropiccitato.

Giacomo Leopardi nello Zibaldone scrive:
“Sebbene spento nel mondo il grande e il bello, non ne è spenta in noi l’inclinazione. Se è tolto l’ottenere, non è tolto né possibile a togliere il desiderare”.

Caduto sulla strada o soffocato dalle spine o bruciato dal sole di fatto il seme non frutta. L’evidente insistenza sul fallimento ci porta a pensare a quella fatica inutile contro la quale sbattiamo:
“ma cosa mi impegno, se poi… ma cosa me la prendo, tanto…”.

Spesso si banalizza questa parabola rivolgendola al futuro:
vedrai le cose andranno meglio, un po’ di pazienza e si sistemerà.
Il Vangelo non è così miseramente ovvio.
I fallimenti e poi il successo non sono su una linea “temporale”
ma “spaziale”: nello stesso campo ci sono fallimenti e successo.
Dio non promette nulla, Dio fa aprire gli occhi sulla realtà.

Il Vangelo ci porta a fare un profondo esame della coscienza ma, almeno una volta, in positivo. È questa la grande sfida.

Tre terreni negativi: strada, sassi, spine. Sono ¾ della superficie.
Nel quarto che resta il risultato è il 30, il 60, il 100 per 1.
(Al tempo di Gesù il massimo rendimento di un campo era il 10).

Siamo bravissimi a vedere le cose che non vanno, i fallimenti, ciò che abbiamo sbagliato, quello che non siamo riusciti a fare.
Ci perdiamo a passeggiare logorandoci nei 3 pezzi aridi.
Così nel deserto della noia cerchiamo miraggi di emozioni.

Il Signore invece ci prende per mano e ci porta a vedere un angolino fertile nel quale il seme vince la scommessa.
Questo angolo di terreno fecondo e germogliato c’è già in noi!
Non dobbiamo aspettarlo, dobbiamo imparare a vederlo.

Non abbiamo bisogno di cercare chissà quali occasioni di vita, ma di una ragione che ci aiuti a vivere e gustare ciò che siamo.
Abbiamo bisogno di una Parola che ci indichi l’angolo buono.

Dio non ci incanta con l’improbabile delle illusioni, ma ci smuove e ci sveglia con l’invisibile del bene possibile:
l’invisibile dell’albero in un seme, dell’uomo nell’embrione, l’invisibile dell’amore nella piatta monotonia del quotidiano, l’invisibile di fatiche e sacrifici che sostengono le nostre vite, l’invisibile dei sogni, dei sentimenti, dei legami.

Dio non fa germogliare i sassi, ma ci fa vedere accanto all’arido un angolo fertile. E se lo curi può darti germogli preziosi.

Ci insegna a dire: “Godi delle piccole cose, perché un giorno ti guarderai indietro e ti accorgerai che erano grandi” (R. Brault).