Ruoli sociali e comportamenti

 Nel linguaggio comune, il mal d’Africa si riferisce alla sensazione di nostalgia di chi ha visitato l’Africa e desidera tornarci. Colpisce di solito tutti quelli che mettono piede in questo continente e manifesta i suoi sintomi appena lo si lascia. E’ una malattia senza guarigione, difficile da spiegare a chi non ha vissuto il territorio Africano, ai “non malati”.

Occorre innanzitutto precisare che esistono diverse immagini d’Africa.

L’Africa mediterranea, con le sue medine mediorientali, i colori dei mosaici delle sue moschee, i suoi percorsi tortuosi nelle strette vie cittadine, i suoi profumi di spezie che dopo un po’ si adagiano e si fermano sulla pelle.

L’Africa delle coste, dove la grandiosità della natura si manifesta nella maestosità delle onde che spumeggiano lungo le spiagge e la fatica quotidiana dei nativi che puntano la prua delle piroghe verso i cavalloni in una quotidiana sfida con l’oceano. l’Africa delle formazioni coralline e dei colori vivi e sfavillanti che pigmentano la sua fauna ittica. L’africa storica, che ha lasciato un’importante impronta, grazie alla conservazione di particolari siti, nei quali, ancora oggi si possono ammirare edifici monumentali o ci si può addentrare in originali costruzioni.

Dove ci si può ancora stupire per la fattezza dei manufatti tramandati dalle sue antiche civiltà L’Africa dei deserti, dove regnano spazi sconfinati. L’Africa delle foreste, dove fa da padrona la vegetazione che permea, avvolge quasi a cullare l’uomo nel suo abbraccio verde. Prevalentemente, l’Africa che genera quell’impulso, l’Africa che contagia è l’Africa delle savane. È li che i tramonti accendono con calde tinte i ricordi.

La Savana o meglio sarebbe chiamarla come viene chiamata li, la Brousse, è una terra calda, solcata da intrecci di piste di laterite, in ocra rossastra, che ci si chiede da dove provengano e quale strada andranno a percorrere. Una Brousse punteggiata da cespugli ed acacie, dove, come d’incanto, incontri gli anziani patriarchi, i baobab, che ti fan venir voglia d’abbracciarli. È li che possiamo trovare una luce particolarmente intensa, il cielo azzurrissimo più vicino alla terra di quanto non sia in altre latitudini. La notte poi è sublime, i cieli stellati sono esaltati dalla limpidità data dall’assenza di inquinamento atmosferico e luminoso. Le stelle sono vivissime e anche la Via Lattea (che in Africa è anche chiamata la grande schiena della notte) appare subito in tutta la sua gloria anche all’osservatore più distratto.

Usi comportamentali

Nell’Africa, soprattutto rurale, ogni uomo deve avere una sua giusta collocazione nell’universo. Nei villaggi, la vita in comunità non contempla situazioni individuali ne tanto meno la solitudine. Questa concezione si affievolisce con l’avvicinarsi alle modernità delle grosse città, che sono permeate da fattori che hanno radici ben lontane dalla mentalità originaria del continente. I villaggi sono composti da “concessioni”, nucleo abitativo di una famiglia allargata.

Una serie di abitazioni che ruotano attorno ad una corte. Il patrimonio culturale ed economico della famiglia è gestito da un indiscusso capofamiglia, detentore della memoria e giudice delle dispute famigliari. Alla morte, potrà succedergli solo il più anziano della casa, il fratello minore in vita o il figlio maggiore. La parola “anziano” ha un’eccezione importantissima in Africa. La persona anziana non è concepita come inutile vecchio, ma è considerata detentrice della memoria e quindi della saggezza. Una biblioteca vivente.

Quando si forma un gruppo di persone per strada, si potrà notare che, mano a mano che queste raggiungono il gruppo, le ultime, quelle di rango inferiore e comunque le persone più giovani, tacitamente si scostano o si alzano dallo sgabello e lasciano il posto ai nuovi venuti di rango superiore, generalmente i più anziani. Questa serie di “danza delle sedute” si svolge con la massima naturalezza, senza che alcuno trovi da eccepire. Ognuno sa quale posto occupare sia che si tratti di un semplice raduno serale che nella vita stessa.

Un’altro fattore importante che mette in evidenza il rango sociale, è la cerimonia del the. Preparato di norma dal più alto in rango, viene servito in tre volte, in tre bicchieri differenti. Alcuni riceveranno la bevanda solo quando altri avranno terminato di gustarla e questo determina lo stato sociale all’interno di un gruppo o di una famiglia. Il primo a degustare è sicuramente il capofamiglia, segue l’ospite al pari dei fratelli, dal più anziano al più giovane, poi la prima moglie, le altre mogli, i figli e così via.

Uomini e donne non possono concepirsi gli uni senza gli altri, esistono in quanto amano, interagiscono, partecipano, condividono. Soffermandoci poi sulla solidarietà, che quì non è una parola al vento, ma una prassi in funzione della quale i più poveri riescono a sopravvivere, si potrebbe aggiungere che il sistema in uso in questi paesi serva da vero collante sociale. Qualsiasi compenso in denaro che entra nella concessione, viene posato letteralmente nelle mani della madre, la quale preleverà la giusta quota che serva al sostentamento del nucleo famigliare e consegnerà il restante al capofamiglia che gestirà a sua discrezione. Tutto deve rientrare in famiglia.

 Con la difficoltà di reperire lavoro, questo metodo, permette a tre o quattro persone di mantenere una trentina di persone, che partono dai famigliari più stretti fino ad allargarsi ad una rete più ampia; dagli allievi delle scuole coraniche, agli inservienti che si accontentano di un po’ di cibo in cambio dei loro servigi, ai mendicanti a cui si concede un riparo in cambio di qualche piccolo lavoro. Anche se nell’Africa subsahariana coesistono differenti religioni, con una forte prevalenza islamica, un fondamento “Animista” insiste in maniera più o meno radicata sul territorio. Alla base di questa credenza, esistono i riti improntati alla ricerca della forza vitale presente in tutti gli esseri viventi.

Queste cerimonie tendono a catturare le energie del cosmo per poter garantire migliori condizioni di vita al gruppo. Il credo in un essere superiore, a divinità secondarie, agli spiriti degli antenati ed ai geni, permea la vita dalla nascita alla morte. Le preghiere ed i riti animisti esistono con lo scopo di assicurarsi i benefici legati ai singoli momenti di vita (matrimoni, filiazioni, raccolti….etc). Non esiste una nozione del peccato assimilabile a quella occidentale, ma si parla di trasgressione di divieti. Le disgrazie (fame, malattie, siccità) sono viste come conseguenze di gravi errori fatti dagli uomini.

Quindi altre religioni più importanti, dal punto di vista del numero dei praticanti, sono comunque permeate da ancestrali riti animistici. Visto quanto sopra, è ovvio che il turista che entra in contatto con questo modo di vivere, debba adattarsi allo stile di vita locale e non comportarsi in modo tale da condurre il tutto ai propri parametri occidentali. Innanzitutto, entrare in un villaggio è come entrare in casa di qualcuno ed una guida locale che possa sensibilizzarci alla questione, sarà di enorme utilità ogni qualvolta si deve approcciare all’abitato.

Per poter intraprendere il tour tra abitazioni, orti, campi coltivati e luoghi di interesse vario, la visita al capo villaggio è d’obbligo, così come è buona usanza lasciare allo stesso una regalia (solitamente qualche noce di colà e mediamente 5.000 CFA) che verrà distribuita successivamente dallo stesso e messa a disposizione della comunità. Assolutamente controproducente e poco etica l’usanza smodata di distribuire “cadeau” a destra ed a manca. Queste elargizioni, soprattutto ai bambini, provocano danni più che benefici. In loro si crea una forma di dipendenza che li induce a trascurare la scuola.

Inoltre, portando a casa somme economiche che vanno ben oltre il salario medio quotidiano guadagnato dal capofamiglia, si ottiene come drastica conseguenza, che l’autorità paternale, pilastro su cui si regge la società in Africa Nera, ne esce screditata. Ultima cosa da dire è un lieve accenno all’abbigliamento. Esistono turisti che hanno un’aria volutamente trasandata. In Africa Nera è consentito qualsiasi tipo d’abbigliamento, ma non per questo è per forza apprezzato. in Africa, ornamenti e vesti sono motivo di fierezza ed hanno un’importanza rilevante.
 Per esempio, i calzoncini corti sono riservati ai bambini e le magliette sporche e sgualcite non sono ritenute degne di un uomo rispettabile, tanto meno per un uomo bianco. Mentre per le donne mostrare il seno non è considerato motivo di scandalo, scoprire le cosce potrebbe generare una situazione d’imbarazzo per i locali. Con questo non si vuole obbligare nessuno a portare un determinato tipo d’abbigliamento, si vuole solo sensibilizzare chi vuole approcciare un determinato ambiente, al rispetto culturale (giusto o sbagliato che sia) della popolazione di cui si è ospiti.
 
 

Testo gentilmente concesso tratto da: http://africamali.blogspot.com/