dottore chiesaLETTURE DI RIFERIMENTO

Prima lettura: dal libro dell’Esodo
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

RIFLESSIONE

20 ottobre 2013

MANI IN ALTO
29ma domenica del Tempo Ordinario C

Un giorno chiesi ad un vecchio prete di svelarmi il segreto
della sua sapienza che con ironia serena sgretolava ostacoli
e lui mi disse: “Non tutto ciò che è bello è utile
e non tutto ciò che è utile è opportuno.
Se vuoi essere sereno scegli l’opportuno”.

Questo è il segreto della preghiera, che non è dire le preghiere.
Cosa è pregare allora? Nella nostra vita ci sono tante cose belle
ma non sempre sono utili per noi. A volte anche se belle e utili
non sono opportune per la nostra storia, qui e ora.

Gesù non ci dice che tutto è male e brutto. Qualcuno ironizza:
perché le cose che piacciono o ingrassano o sono peccato?
Il Signore è molto concreto: sa che tutto può essere bello e utile
ma ci suggerisce che il segreto della serenità è l’opportuno.

Pregare è la palestra di testa e cuore per capire l’opportuno.
Le mani non vanno levate in alto per la paura di sporcarle.
Le mani non vanno giunte per non toccare perché tutto fa schifo.
È il contrario: chi prega non può essere un rassegnato.

È quanto ci mostra la bellissima immagine di Mosé, raccontata
con lo stile guerriero arabo del 1.000 a.C. (circa 3000 anni fa).
Il valore di un popolo stava nella forza della tattica di guerra.
La potenza di Israele sta invece nelle braccia deboli di Mosé,
nel suo non farcela. Ma quando riesce a rialzare le mani, vince.
È assurda come immagine di guerra, ma è verissimo nella vita.

Le mani basse, il cedere alla fatica, il mollare lasciandosi andare
ti rende perdente e tutta la realtà intorno a te diventa fallimento.
Primo passo necessario è capire che non puoi farcela da solo.
Il racconto parla dei due amici che tengono su le braccia di Mosè.
Chi ti vuole bene davvero è colui che è capace di dirti:
“Non posso promettere di risolvere tutti i tuoi problemi
ma posso promettere che sarò lì ad affrontarli accanto a te”.
Sei forte proprio perché sei stato debole e ti sei fatto aiutare.

C’è però un passo ulteriore. L’aiuto serve se tende verso l’alto.
Mani in alto: potrebbe significare arrendersi per colpevolezza.
Dio ci aiuta a guardare in modo diverso i gesti del fallimento.
Mani in alto: è il gesto del bimbo caduto, che si è fatto male,
che piange cercando non in terra accanto a lui, ma sopra di lui
mani premurose di mamma che abbracciano per vincere il dolore,
mani callose di papà che rimettono in piedi per ripartire.

È la provocazione del Vangelo dove protagonista è una vedova:
simbolo di una vita amara per un amore spezzato per sempre,
simbolo di qualcosa che si è chiuso e perso e disfatto,
simbolo di una debolezza contro cui c’è pure chi infierisce.
Da questa fragilità, debolezza, miseria spunta la tenacia,
il credere che un nuovo bene è possibile. È l’opportuno.
C’è un opportuno anche quando non c’è più il bello e l’utile.
Sì, perché da una montagna di letame può nascere un fiore,
mentre da una luccicante montagna di oro non nascerà mai nulla.

Pregare è ostinarsi a sperare. Pregare è riprendere in mano la vita,
pregare è il puntello per tenere alzate le nostre braccia fiacche.

Per questo pregare non è dire le preghiere. F. Hegel provocava:
“Il giornale è la preghiera del mattino dell’uomo moderno”.
La preghiera è invece lo sfogliare il giornale del nostro cuore.
Come siamo assetati di notizie di cronaca sul mondo o di gossip,
perché non leggiamo le pagine del nostro quotidiano?

Allora mani in alto: non per sentirci perdenti che si arrendono,
ma per farci prendere in braccio per ricominciare a camminare.
Pregare è aprire finestre di infinito nel muro del quotidiano.
Pregare è vincere se stessi e questa è la prima grande conquista.
Pregare è scommettere sulla vita, comunque e nonostante tutto.
Pregare è imparare l’arte di distinguere bello, utile e opportuno.
Pregare, soprattutto con insistenza, è difendere i propri sogni.