Gesù insegnava come uno che ha autorità

VANGELO

Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, a Cafàrnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
RIFLESSIONE

1 febbraio 2015

4a domenica del Tempo Ordinario B

Di Gesù la gente del tempo diceva: “Parla con autorità!”, non però nel modo con cui oggi si riferisce questo alla Chiesa.
Forse scatta di più l’altra frase: “ma che vuoi da noi?
Sei venuto a rovinarci la nostra tranquillità”.

Come può la positività di Gesù, la buona notizia del Vangelo essere soffocata da aridi dogmi e da antiquati dettami morali?
Quindi “Cristo sì, Chiesa no”?

Mi sento spesso dire: perché la Chiesa dice sempre NO?
No al divorzio, no alla comunione ai conviventi, no alla fecondazione artificiale, no all’eutanasia, no, no, no.

Dove è andata a finire la “potenza liberatrice” di Gesù?

Per ritrovarla è essenziale decidere di fare un passo in profondità.
Non è tanto una questione di rispetto di regole, quanto invece l’esigenza di recuperare la bellezza e la profondità della proposta cristiana autentica, spesso conosciuta male, interpretata peggio e continuamente strapazzata e sciupata.

Non serve tanto vivisezionare le singole imposizioni, quanto tornare al messaggio di Gesù, leggere il Vangelo, recuperare quel “gancio” a cui si attaccano le singole regole.

Spesso si confonde ciò che c’è appeso con il gancio che sorregge.
Se poi addirittura ci si stacca dal gancio, tutto si ingarbuglia.

Facciamo un esempio concreto.
Quando un bambino incuriosito e attratto dagli sbuffi di una caffettiera bollente vuole prenderla con le sue mani, la mamma dice “no”, non perché pensa che sia impedito ma solo perché teme che possa scottarsi e farsi male.
È preoccupata per lui: il no è per il male e non per il bambino.

Può farlo tranquillamente ma quel no è un campanello di allarme:
questo però ha senso solo se c’è dietro un amore premuroso, solo se c’è un bene maggiore che muove a dire anche dei no.

Quante volte i genitori si trovano in questa situazione.
Certo è più facile apparire bravi quando si permettere tutto, ma quanto è devastante per l’educazione e per la società.

Così, tristemente, più che una madre la Chiesa appare sempre come una vecchia zia zitella, acida, antiquata e frustrata.

“La verità vi farà liberi”, dice Gesù nel Vangelo di Giovanni.
Per questo la Chiesa distingue l’errore dall’errante:
il peccato è da condannare, il peccatore è da comprendere.

È l’intenzione che determina la verità, l’essere male o bene.
Quante gente si vergognerebbe di certe belle azioni vantate se si sapessero le intenzioni che hanno spinto a compierle.
Quanta gente si morderebbe la lingua e si commuoverebbe sapendo le storie vere di situazioni chiacchierate come scandalo.

Che il Signore, da mamma, ci aiuti sempre a non scottarci attraverso una fede adulta che parte dal conoscere il Vangelo.
Subito impareremo da Dio a guardare innanzitutto alle intenzioni, a comprendere prima che a tacciare o criticare o condannare.

Leopardi annotava: “Gli adulti vedono il nulla nel tutto; i bambini invece vedono il tutto nel nulla”.

Dio ha occhi da bambino per vedere il tutto nel nulla.
Dio ci insegni a guardare così alla realtà della vita:
anche dentro il nulla di tanti paletti, ostacoli, di tanti amari no, anche dentro il nulla di tante fragilità o errori o scivoloni, c’è un tutto che è quel gancio che sorregge e si chiama Amore.

Se Dio è amore, Dio ragiona così, scoprendo un tutto nel nulla anche di quel nulla che gli nostri aspetti del nostro carattere che ci rendono a volte così antipatici.