LETTURE DI RIFERIMENTO

Primo libro dei Re

In quei giorni, Elia s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

RIFLESSIONE

12 agosto 2012

Vuoto o nuoto?

19ma domenica del tempo ordinario B

Dal “cosa è?” di settimana scorsa, il Vangelo ci fa fare un passo in profondità con un’altra domanda: “chi è?”.
I compaesani di Gesù mormorano contro di lui: sanno chi è, ne conoscono la famiglia e quindi lo hanno ben impacchettato nel ritratto precotto e surgelato che si sono fatti.
Da lì non può uscire. Gesù questo non lo sopporta proprio e reagisce con forza: “Non mormorate tra voi!”.
Detto in battuta: perché il cane è il miglior amico dell’uomo?
Perché muove la coda e non la lingua.
Noi siamo come dei libri, troppi guardano solo la copertina, nel migliore dei casi qualcuno legge l’introduzione, la maggioranza si affida ai racconti di altri e ai loro pareri.
A ben pochi interessa leggere davvero le nostre storie.
In “uno, nessuno, centomila” di Pirandello si legge:
“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”.
Tutti sono santi quando si parla dei peccati degli altri.
Amare una persona non vuol dire cambiare i suoi difetti, ma capire che senza quei difetti non sarebbe la persona che ami.
Cambiare per il parere degli altri è mentire a se stessi.
Può succedere di trovarsi nella situazione di Elia (1a lettura):
hai fatto tanto e poi tutto si sgretola. Ti vien voglia di mollare.
Il grande profeta dice a Dio: ora basta! Non ce la faccio più.
Ha voglia di chiudere gli occhi e di farsi avvolgere dal buio per staccarsi dalla realtà, per non vedere le solite facce.
Dio risponde regalando un pezzo di pane. Alzati e mangia.
Elia stanco di camminare si mette a correre. Miracolo vero.
Jim Morrison disse: “Se sei triste e vorresti morire, pensa a chi sa di morire e vorrebbe vivere”.
Dio dice a Elia e a noi oggi: non continuare a guardare la porta che si è chiusa alle tue spalle, altrimenti non vedrai quelle che si sono aperte davanti a te.
Quante volte ci mettiamo davanti a Dio e cerchiamo un senso, nella preghiera o nella Messa ma i risultati non ci sono mai.
L’unica cosa che abbonda sono le distrazioni.
Emergono dal buio parole, volti, dubbi, discussioni, sogni.
A che serve? E anche noi diciamo a Dio: ora basta!
E se fossero proprio le distrazioni una risposta di Dio?
Dio ci sveglia dal nostro torpore, come ha fatto con Elia e ci dà il pane della vita, bocconi di vita. Alzati e mangia.
Dice Gesù: io sono il pane della vita, prendete e mangiatene.
La Messa è un grande contenitore, solito, sempre uguale, perché siamo noi che siamo sempre diversi, ogni settimana.
Abbiamo i colori diversi di ogni morso di tempo vissuto: alcuni sono splendenti, altri sono macchie.
Abbiamo i sapori diversi dei pensieri che ci rimbalzano dentro:
dolci, amari, piccanti. Alcuni da divorare altri da sputare.
In questo grande contenitore Dio fa venire a galla alcune cose.
Se qualcosa viene a galla è perché è leggero, vuoto o morto.
A quante cose noi diamo un peso enorme ma se vengono a galla vuol dire che in sé sono leggere. Dio ci ridimensiona.
Così Dio ci aiuta a far venire a galla le alghe che ci inquinano, i rami secchi che si sono staccati dalla linfa della vita, le scatole vuote che ingombrano solo.
C’è però un altro tipo di stare a galla: è il nuotare.
Guizza ciò che è vivo, ciò che abita i nostri fondali profondi e che forse il quotidiano che intorbidisce ci aveva nascosto.
Dio benedica queste distrazioni nella preghiera!
La parola di Dio in Elia ci insegna una grande verità su Dio:
non dire a Dio quanto sono grandi i tuoi problemi, ma dì ai tuoi problemi quanto è grande Dio.
Dall’imparare a parlare con Dio deriva l’imparare a parlare nella vita, per questo il Vangelo ci fa pensare a ciò che galleggia perché inconsistente, vuoto, arido: i compaesani di Gesù dubitano e non si fidano di lui, “chissà cosa c’è sotto, io lo conosco quello lì”. Ed era Gesù.
Le parole che noi diciamo sono bocconi di pane che offriamo: dolce o velenoso? fresco o raffermo? sazia o fa venire acidità?
Ricordiamoci che 3 cose nella vita non tornano mai indietro: una pietra lanciata, una occasione persa e le parole dette.
Nel mare della vita nuoto come vivo o galleggio come morto?
Sono vuoto o nuoto?