Purtroppo nella nostra società un atteggiamento assai diffuso è quello dell’indifferenza: concentrati sui propri interessi, facilmente dimentichiamo gli altri.
Per costruire la comunione occorre vivere nella logica del “MI INTERESSA”, cioè avere un cuore attento e aperto alle necessità e ai bisogni degli altri.

Mi ritrovo più nell’atteggiamento del:

-CHI SE NE FREGA, PRIMA CI SONO IO
-BEH! SE CAPITA NON MI TIRO INDIETRO
-MI INTERESSA COSA DEVO FARE
Ti ricordi qualche occasione in cui
“ti sei interessato” degli “altri”?

LA VOCE DI GESU’

Lettura del Vangelo di Luca 10,29-37

“Chi è il mio prossimo?”

Nell’AT “prossimo” era il connazionale, membro del popolo di Dio. Al tempo di Gesù vi si erano aggiunte altre restrizioni, per cui il prossimo era il membro della setta o del gruppo religioso (farisei, sadducei, esseni, zeloti…). Il concetto di prossimo era dunque un concetto di limitazione: per l’etica ebraica non era possibile aiutare uno sconosciuto. Con questa parabola Gesù invita ad operare un capovolgimento, facendo evolvere la domanda. L’amore vero non si chiede: “Chi è il mio prossimo?”, ma si domanda: “Come posso diventare io prossimo degli altri?”.

La misura dell’amore al prossimo non è stabilita in base alle frontiere dell’appartenenza religiosa o del gruppo sociale, ma unicamente sulla base del bisogno dell’altro. Al dottore della legge che cercava di limitare i destinatari dell’amore umano, Gesù risponde presentando – attraverso la figura del samaritano – un Dio che si fa’ prossimo dell’uomo, di ogni uomo, specialmente se povero e peccatore

L’indifferenza del sacerdote e del levita

La storia raccontata da Gesù prende lo spunto da alcune circostanze molto realistiche. Si discende davvero da Gerusalemme a Gerico e la strada che collega le due città distanti 25Km  copre un dislivello di 1000 metri. E’ una strada che attraversa il deserto di Giuda, luogo ideale per le imboscate dei banditi. Il sacerdote e il levita, appena vedono quell’uomo malmenato e ferito, mantengono le distanze e, per passare oltre, si portano dall’altra parte della strada. Essi sono consacrati a Dio, la loro occupazione è il culto; essi devono unicamente pensare a Dio, mantenendosi in un atteggiamento di “carità verticale” (!), senza sporcarsi le mani con un atteggiamento orizzontale. E così non capiscono davvero il senso del comandamento dell’amore di Dio: il pericolo di chi vive un’intensa tensione verticale può essere quello di dimenticarsi dei fratelli, annullando e vanificando così anche la tensione verticale stessa.

L’interessamento del samaritano

La figura del samaritano è presentata con delicatezza ed esemplarità, in chiaro contrasto con il sacerdote e il levita.

Gli ebrei odiavano in modo particolare il gruppo etnico dei samaritani, soprattutto per motivi religiosi e cultuali: i samaritani erano considerati eretici e venivano emarginati. Ebbene, è proprio un samaritano invece colui che si prende cura del ferito e che viene additato da Gesù come modello da imitare. Nel brano è sottolineato l’amore concreto e fattivo del samaritano attraverso sette verbi:

ne ebbe compassione
avvicinatosi
gli fasciò le ferite
versandovi sopra olio e vino
caricatolo sul suo giumento
lo portò ad una locanda
si prese cura di lui.

Possiamo senz’altro intravedere nel numero 7 un simbolo di totalità e pienezza. La generosità del samaritano non è superficiale, occasionale, fuggevole, ma è completa, totale, disinteressata.

Prima di uscire di scena, il buon samaritano rivela ancora una volta la profonda passione che la carità glii ha acceso nel cuore. Sborsando due denari, raccomanda al padrone dell’albergo: “abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. La carità non abbandona l’uomo a se stesso, non è un’azione passeggera, ma un atteggiamento prolungato e continuativo.

“Va’, e anche tu fa lo stesso”

Gesù, dunque, afferma che il prossimo è chiunque ha bisogno di me, e a chi è nel bisogno, io rivelo il vero volto di Dio aiutandolo. In me l’amore di Dio si autentica nella misura in cui diventa amore dell prossimo. Non ci è chiesto tanto di sapere e di parlare, ma di agire in modo evangelico: “fa’”!

Il discepolo di Gesù comprende che la vera liturgia è l’offerta di se stessi nella carità. Gesù prende così le distanze da una religiosità puramente culturale e spesso formalistica suggerendo un amore concreto e fattivo.

Schema per incontro Adolescenti preparato per gli Ado di Bevera

DALL’INDIFFERENZA ALL’INTERESSAMENTO