Di ritorno da alcuni giorni trascorsi nella bellissima Valle d’Aosta,nei dintorni di Courmayeur e del Monte Bianco, anziché imboccare l’autostrada seguiamo la statale in direzione Torino. Giunti ad Issogne un comodo parcheggio, appena sotto al castello, ci consente di lasciare l’auto.

Per l’ingresso al castello occorre fare la fila, gli ingressi sono a numero massimo di 25 persone ogni mezz’ora. A noi tocca aspettare un paio d’ore: prendiamo i biglietti e ne approfittiamo per un giro nel paese e visitare l’adiacente chiesetta di Saint-Solutor.

Esternamente il castello non denota segni di appariscenza, con le torri angolari di poco più alte dei tetti del complesso, denota di essere nato più come residenza che per utilizzi militari di difesa.

Si entra dal giardino: motivi pratici hanno consigliato di disporre l’ingresso ai visitatori sul lato ovest, perchè l’ingresso principale, un bel portone in pietra, si affaccia sulla piazza del paese. Al centro si innalza la fontana del melograno, bellissima opera con l’albero in ferro battuto. Sulle pareti degli edifici si snoda la monumentale composizione dei principali stemmi della casata.

Le lunette del porticato raffigurano, con notevole realismo, scene di vita quotidiana del borgo: il corpo di guardia; la bottega del beccaio e del fornaio, il mercato; la bottega del sarto, la bottega dello speziale, la bottega del formaggiaio salumiere. Sui dipinti si notano una grande quantità di graffiti datati tra il XV al XIX secolo: motti, citazioni, notizie di avvenimenti, frasi amorose o scurrili, costituiscono un insieme curioso ed una fonte storica di notevole interesse.

Le panche con il motivo a pergamena sullo schienale, caratteristico del gotico franco-alpino, appartengono all’arredo originario del castello. L’ambiente è molto bello e coinvolgente. Si passa poi alla sala da pranzo: l’arredo di questa ampia sala è curato nei particolari con ricca suppellettile (vasellame, posate, vetri) realizzata sulla base di modelli tardogotici.

I mobili sono di fattura ottocentesca: la credenza con alzata riutilizza pannelli intagliati antichi. Nell’adiacente cucina il locale è suddiviso in due zone, separate da una cancellata lignea, forse destinata a diversi procedimenti di preparazione dei cibi: nella parte più ampia si trovano un grande camino collegato da un passapiatti alla sala da pranzo e un forno; l’altra zona, di dimensioni inferiori, è dotata di un camino e di un acquaio. Le stoviglie e gli utensili riproducono anche in questo caso originali tardo medievali.

Si passa poi alla Sala di Giustizia. E’ questo il principale ambiente di rappresentanza del castello. La splendida decorazione dipinta tinge un loggiato continuo sorretto da colonne in cristallo, alabastro e marmo, alternate a sontuosi parati di cuoio impresso; sullo sfondo si aprono i paesaggi più vari, animati da soggetti venatori, scene di vita contadina e cortese. Una parete è occupata dal Giudizio di Paride, mentre il camino reca le insegne di Giorgio di Challant. Salendo al primo piano con la scala principale troviamo la cappella, sita nell’ala orientale del castello, costituita da cinque campate; il presbiterio è delimitato da una cancellata lignea.

Gli affreschi (i Dottori della Chiesa, gli Apostoli, i Profeti, la Morte della Vergine, figure di santi) e le ante del polittico sono attribuibili allo stesso artista delle lunette nel porticato, identificato come “maitre Colin”. L’altare a sportelli è quello originale dei primi del XVI secolo, recuperato da Avondo sul mercato antiquario, con storie dell’infanzia di Gesù. La natività nel gruppo scolpito al centro, l’Annunciazione sulle antine superiori, lo Sposalizio della Vergine, I’Adorazione dei Magi, la Circoncisione e la Stragi degli innocenti sulle ante inferiori. Detta “Salle de Savoie” nell’inventario del 1565, la Sala D’Armi ha stemmi di Carlo Giovanni Amedeo di Savoia e della madre Bianca del Monferrato dipinti sul camino.

Qui è esposto ciò che rimane della collezione di armi antiche di Avondo, da lui stesso smembrata prima della donazione del castello allo Stato. La camera di Margherita De La Chambre è cosi chiamata per gli stemmi (a dire il vero poco visibili) che compaiono nel fregio superiore delle pareti, divenuta poi il primo locale dell’appartamento privato di Avondo. Il letto è una copia di quello della sala del Re di Francia; la seggetta è opera, come gli altri esemplari presenti nel castello, dell’ebanista torinese Felice Vernero.

Nell’Oratorio di Margherita, piccolo ambiente destinato alle devozioni private della contessa di Challant, è affrescato l’Assunzione della Vergine cui assiste anche Margherita De La Chambre, in panni vedovili, accompagnata dalle tre figlie, dalle due nuore e dalle martiri Santa Caterina e S. Margherita. Avondo ne fece la sua camera da letto 100/100 Accessibilità 100/100 Da vedere/da fare 100/100 Rapporto qualità/prezzo

Saliamo al secondo piano del castello tramite la scala principale e troviamo la camera di Giorgio di Challant, detta Chambre de st. Mauris nell’inventario del 1565, per le croci di S. Maurizio che decorano il soffitto a cassettoni; lo stemma dipinto sul camino, affiancato dal leone e dal grifone, apparteneva a Giorgio di Challant. Il letto a baldacchino è opera dei primi del XVI secolo mentre la credenza è una riproduzione ottocentesca.

Nell’Oratorio adiacente gli affreschi, fortemente ridipinti intorno al 1936, rappresentano le scene della Crocifissione, cui assiste anche il committente Giorgio di Challant inginocchiato, della Deposizione nel sepolcro e della Pietà. A lato lo Studiolo: piccolo ambiente di passaggio dal soffitto ligneo a cassettoni dipinti L’arredo è costituito da una credenza, fatta con assemblaggio di pezzi antichi, da un Cassone dal fronte antico in stile gotico fiorito e da un tavolo con motivi a pergamena, frutto di un rifacimento del XIX secolo.

La Camera della Torre è una stanza, situata all’interno del nucleo più antico del maniero, che offre una vista eccezionale sulla valle e su ben tre castelli: Arnad, Verrés e Challand-Villa; la tradizione vuole che fosse utilizzata per le segnalazioni. Nella torre angolare a sud-ovest è situata la Camera della Contessina. Sul camino campeggia lo stemma di Giorgio di Challant; la decorazione pittorica finge un parato in cuoio impresso.

L’antica bussola proviene dai dintorni di Fènis, il letto cinquecentesco è di ambito sud tirolese, mentre la credenza, realizzata da Felice Vernero, riproduce un arredo antico nel castello. Infine giunti alla Sala del Re di Francia, che prende il nome dallo stemma con i tre gigli della corona francese applicato sul camino, mentre il soffitto è decorato con rose dorate. Il bellissimo letto a baldacchino con pannelli intagliati, recante lo stemma degli Challant di Aymavilles, fu acquistato da Piero Giocosa per conto di Avondo presso un contadino di Ussel.

Di notevole eleganza è il tavolo a cavalletti traforati; le tre statue lignee, S. Maurizio, santo vescovo e santo apostolo, sono opera di scuola piemontese dell’ultima parte del XV secolo. Nel percorso di uscita si scende la scala elicoidale in pietra, che collega il corpo centrale all’ala orientale del castello, autentico capolavoro di architettura: i gradini in pietra hanno la sagoma di un settore di corona circolare, con lo spessore equivalente all’altezza del gradino e si concludono con un elemento cilindrico che dà forma alla colonna centrale di sostegno.

Il suggestivo effetto è dato dal soffitto della rampa, costituito dall’intradosso dei gradini del giro superiore, dando in tal modo forma alla scala come se composta da un unico nastro. Al termine la sensazione è quella di aver attraversato un pezzo di storia, conservata per noi nel corso dei secoli, in un luogo di eccezionale testimonianza dell’epoca. Le pitture, da sole, valgono una visita.

Qualche cenno di storia

Il luogo dove sorge il castello era occupato fin dall’epoca romana: le ricerche archeologiche hanno portato alla luce nelle cantine i resti di strutture murarie di quella che era una dimora patrizia romana. Si hanno però notizie certe solo a partire dal XII secolo quando, incluso tra i possedimenti del vescovo di Aosta, era una costruzione fortificata dotata di una torre a pianta quadrata.

Lo sviluppo di un centro abitato attorno al simbolo del potere feudale del vescovo suscitò scontri con i vicini signori di Verrès, che nel 1333 lo assalirono e saccheggiarono. Spetta a Ibleto di Challant, personaggio di spicco alla corte sabauda, presso la quale ricoprì importanti cariche militari e diplomatiche, la trasformazione della primitiva struttura, abbandonata dopo l’assalto armato di Aimoneto di Verrès, in una elegante dimora signorile, degna di ospitare nel 1414 l’imperatore Sigismondo di passaggio in Valle d’Aosta.

Furono recuperati gli edifici preesistenti e costruito un corpo centrale a tre piani, dove si trovavano i principali ambienti di rappresentanza, oltre a un fabbricato perpendicolare al precedente, sul lato prospiciente la piazza del paese. Gli edifici, non collegati tra loro, erano racchiusi da una cinta muraria, forse individuabile nelle due grandi volute in pietra che separano attualmente il cortile dal giardino. Alla sua morte(1409), il castello passò al figlio Francesco, primo conte di Challant, il quale morì nel 1442 senza discendenti maschi.

In seguito a una lunga contesa per la successione, che secondo gli usi valdostani escludeva il passaggio per via femminile, il titolo e il feudo passarono nel 1456 a Giacomo di Challant. Il figlio Luigi decise di mettere mano alla ristrutturazione del castello di Issogne. Il progetto, portato a termine dal cugino Giorgio di Cballant-Varey, tra la fine del ‘400 e il 1509, anno della sua morte, lo impegnò per dare al giovane Filiberto, primogenito di Luigi di Challant e di Margherita de la Chambre ed erede del titolo, una dimora degna del prestigio europeo raggiunto dalla famiglia.

Gli edifici esistenti furono ampliati e uniti mediante la costruzione di nuovi corpi di collegamento, creando un unico palazzo a ferro di cavallo che include un ampio cortile aperto su un giardino all’italiana. Il complesso fu arricchito da una monumentale decorazione ad affresco, in buona parte conservata, che aveva lo scopo di celebrare la grandezza della famiglia Challant: il “Miroir pour les enfants de Challant” sulle pareti del cortile era destinato a mantenere vivo il ricordo degli avi, mentre le figure di saggi ed eroi dipinti a monocromo sul muro di cinta del giardino evocavano le virtù della tradizione antica; le lunette del porticato con le attività dei borgo dovevano sottolineare il clima di benessere economico e di pacifica operosità che deriva da un governo saggio e illuminato, così come la decorazione degli ambienti interni del castello, arricchti da raffinate pitture sulle pareti e sui camini, soffitti a cassettoni e mobili intagliati di squisita fattura tardogotìca.

Al centro del cortile fu collocata una fontana con un albero di melograno in ferro battuto, simbolo di prosperità. Dopo il matrimonio di Renato di Challant con Mencia del Portogallo, il castello di Issogne visse la sua stagione più felice. Un inventario redatto alla morte di Renato, nel 1565, attesta la straordinaria ricchezza del castello a quell’epoca: l’arredo delle stanze era costituito da mobili intagliati e preziose tappezzerie, nei cassoni si conservavano biancheria e capi di vestiario in tessuti pregiati, il “cabinet de l’argenterie” custodiva un vero e proprio tesoro di vasellame e suppellettili in argento, del peso complessivo superiore a cento chilogrammi, e non mancava una biblioteca con un centinaio di volumi. Come il suo antenato Francesco, anche Renato non aveva eredi maschi e lasciò tutti i suoi beni alla figlia Isabella, sposa di Giovanni Federico Madruzzzo, rampollo della prestigiosa casata dei principi-vescovi di Trento.

II nuovo processo per la successione al titolo, durato più di un secolo, esaurì le finanze della famiglia e ne avviò inesorabilmente il declino. Il Recupero Ottocentesco La progressiva spoliazione degli arredi da parte dei successivi proprietari raggiunse il culmine intorno al 1870 con il barone Marius de Vautheleret, un ingegnere francese che sognava di trasformare il maniero in una dimora dotata di tutte le comodità moderne.

Le ingenti spese sostenute per rendere abitabile il castello lo mandarono in rovina, cosi che nel 1872 i suoi beni furono messi al pubblico incanto. Il nuovo acquirente del castello fu il pittore torinese Vittorio Avondo, acuto conoscitore d’arte e raffinato collezionista. Accanto ad altri intellettuali piemontesi, accomunati dall’interesse per la civiltà alpina e lo studio dell’architettura e del Medioevo, Avondo ha contribuito in modo determinante nel 1884 alla realizzazione della Rocca e del Borgo Medievale di Torino.

Egli curò personalmente il restauro del castello di Issogne, attenendosi con grande scrupolo filologico all’aspetto originale dell’edificio; ne intraprese quindi il riarredo, recuperando sul mercato antiquario alcuni mobili provenienti dal castello, acquistandone altri adatti per stile alla dimora tardogotica e commissionando ad abili artigiani arredi copiati da modelli originali. Le sale del castello erano aperte al pubblico con il fine didattico di mostrare uno spaccato della vita castellana dell’epoca feudale il più possibile aderente alla realtà storica del tempo.

Con un atto di generosità che coronava il suo impegno in favore della cultura, nel 1907 Avondo fece dono del castello allo Stato. Il recente riallestimento degli ambienti è stato condotto all’insegna della fedeltà all’assetto tardo-ottocentesco, così come era nel progetto di Avondo.

Informazioni: Piazza Castello – 11020 Issogne (Aosta) Tel. 0125 – 92 93 73

Visitabile:

L’ingresso è consentito ad un massimo di 25 persone per ogni turno di visita (ogni mezz’ora).

Orari e tariffe: € 5,00 – ridotto € 3,50. dall’1.03 al 30.06 e dall’1.09 al 30.09: 9 – 19 (tutti i giorni) dall’1.07 al 31.08: 9 – 20 (tutti i giorni) dall’1.10 al 28/02:10 – 12.30 /13.30 – 17 (chiuso mercoledì), 10 – 12.30 /13.30 – 18 (domenica e festività)

Ingresso gratuito: Over 65 , ragazzi 18 anni e tutte le scolaresche, oltre ad altre agevolazioni disponibili. Giorno di chiusura in bassa stagione (dal 01/10 al 28/2): mercoledì