nascita gesùVANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.

RIFLESSIONE

5 gennaio 2014

IL CUORE NELLE SCARPE
Seconda domenica di Natale

A un passo dal traguardo della scia della luce della stella che domani con l’Epifania tutte le feste porta via, oggi il Vangelo non descrive nulla, non ci racconta di personaggi, come nei giorni scorsi: Maria, Giuseppe, i pastori, Erode, i Magi.

Giovanni apre il suo Vangelo con le stesse due prime parole dell’inizio della Bibbia, in Genesi, alla creazione: “In principio”.
​”In principio era il Verbo e il Verbo si fece carne ​e venne ad abitare in mezzo a noi”.

L’evangelista Giovanni non racconta, ma riflette; non cerca i particolari della cronaca, ma il significato profondo.

Dobbiamo renderci coscienti di una cosa molto ovvia:
che ​non basta far nascere un bambino, ma bisogna farlo vivere, bisogna farlo crescere. Un bambino chiede spazio e tempo.

Ciascuno di noi, ha fatto “nascere” Gesù Bambino:
confessione, comunione, ci siamo fermati davanti al presepe e ci siamo sentiti più buoni nel clima del Natale.
Adesso, però, cosa ne facciamo di questo bambino?

C’è quella domanda da brivido amaro che capita di sentire per una gravidanza inaspettata e imprevista: “ma lo tieni?”.

E ci scandalizziamo sentendo di neonati gettati nella spazzatura e non ci accorgiamo che noi facciamo lo stesso con Dio:
dopo averlo ben cullato questo bel Gesù bambino ora comincia a darci un po’ fastidio e allora lo buttiamo nella discarica del quotidiano con tutte le cose che ci avanzano.

La fede – così come l’interiorità, la coscienza, l’amore, la vita – ha bisogno di essere accudita come un neonato: nutrendola, educandola, dandole attenzione, non quando capita o ogni tanto, perché un bambino non sta in vita con il “quando me la sento”.

“In principio era il verbo”. Innanzitutto è questione di priorità:
chi c’è o ci dovrebbe essere prima di tutto nella nostra vita?

“E il verbo si fece carne”: all’inizio del nuovo anno Dio ci scuote per passare dalle parole sdolcinate al verbo che sa di carne.
Gli auguri non valgono nulla: vanno negli scatoloni col presepio.
Contano ora le promesse che facciamo mettendo in gioco la vita:
le parole che ti toccano sul vivo, ti toccano “la carne” appunto.
Sono le parole che dici solo a te stesso, ma che esigono realtà.

La nostra quotidianità è piena, carica, impregnata di chiacchiere.
Ritorniamo a parlare con umanità, con eleganza e delicatezza.
Ma non solo. “Il Verbo si fa carne”. La Parola s’incarna.
Si fa concretezza: quando Dio parla, Dio agisce.
Quante nostre “parole” si perdono, cadono nel vuoto.
Che Dio ci insegni a dire parole efficaci: che costruiscono realtà.
Parole-fatti; parole-azioni; parole-comportamenti.

Se Dio è nato in noi, deve essere un anno davvero “nuovo”.

Cosa vuol dire? De Gregori in “Leva calcistica” così canta:
“Nino cammina che sembra un uomo,
con le scarpette di gomma dura, 12 anni e il cuore pieno di paura.
Ma Nino non aver paura a sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore.
Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.
[…] E allora mise il cuore dentro alle scarpe”.

Far vivere e crescere Dio dentro, trasformare le parole in vita, mettere carne (cioè tutto me stesso) dentro al dire di tutti i giorni è mettere il cuore dentro le scarpe.
Puoi anche aver sbagliato, aver mancato, sentirti un perdente, ma “non aver paura. Conta il coraggio, l’altruismo e la fantasia”.