sale_terraLETTURE

Dal libro del profeta Isaia
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce.

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

RIFLESSIONE

9 febbraio 2014

IL SENSO DELLA MISURA
5a domenica del tempo ordinario A

Voi siete il sale della terra, ci dice oggi Gesù.
La questione del sale è soprattutto questione di dosaggio:
né troppo poco, ma nemmeno troppo tanto.
Se manca il sale un piatto risulta senza sapore, ma l’eccesso di sale può rendere un cibo immangiabile.

Un grande uomo spirituale orientale, Andej Sinnjaviskij, diceva che ci sono due rischi per il cristiano, gli stessi due rischi che può avere un albero:
essiccarsi o credere di essere fatto solo per produrre bastoni.

Innanzitutto c’è il rischio di essiccarsi alla radice, è il rischio della debolezza di interiorità, è il rischio di una fede che non sa di niente, senza gusto, senza sapore. È il rischio di una vita insipida.

Il secondo rischio per un albero, molto più sottile, è quello di credersi fatto solo per produrre bastoni nodosi.
È il rischio del credersi forte, sicuro, apposto, mai bisognoso.
È il rischio dei moralizzatori che sferzano giudizi.

Non è cristiano uno stile di vita insapore, timido, rinunciatario.
Non è cristiano uno modo invadente, urtante, urticante, borioso.
Non è cristiano un atteggiamento lacrimoso e pessimista.

Così è per l’altra immagine: “voi siete la luce del mondo”.
La luce non la si può nascondere o non la si deve coprire.
La luce che indica il Vangelo è sempre una luce discreta, calda ma sempre incerta come quella di una candela.
Mai è luce psichedelica che incanta e faro che abbaglia.

Attenti bene poi al verbo: “siete”. Non “sarete”. Lo siamo già.
Cosa vuol dire allora saper dosare il sale e la luce?

Il profeta Isaia traduce in concreto questa pagina del Vangelo:
dietro un dito puntato, minaccioso e giudicante, spesso c’è una lingua in movimento che sparge troppo sale, che rovina ogni gusto:
​il sale del pettegolezzo, delle sentenze inesorabili ​delle parole avvelenate e qualche volta delle calunnie.
Quante volte si crede di avere in sé la luce della verità ma proprio questa “luce” è talmente forte che abbaglia.
Bellissimo è l’antidoto: “saziare l’afflitto di cuore”.

Che il Signore ci aiuti a tenere sotto controllo le dita e la lingua: sono i nostri distributori di sale e di luce.

Che il Signore ci educhi alla giusta misura che fa gustare il buono e fa vedere il bello.
Il troppo poco e il troppo tanto rovinano il gusto della vita.
La chiarezza è una giusta distribuzione di luce e ombra.

Questo mi ha fatto venire in mente un parabola ebraica:

In una stanza silenziosa c’erano quattro candele.
La prima si lamentava: “Io sono la pace, ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegnere”
La seconda disse: “Io sono la fede, ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere”.
La terza confessò: “Io sono l’amore, ma gli uomini preferiscono l’egoismo: non mi resta che lasciarmi spegnere”.
All’improvviso entrò nella stanza un bambino che, piangendo, disse: “Ma io ho paura del buio!”.
Allora la quarta candela disse: “Non piangere.
Io resto accesa e ti permetterò con la mia debole e incerta luce di riaccendere le altre candele: io sono la speranza”.

Non abbiate mai paura dell’ombra.
È lì a significare che vicino, da qualche parte, c’è la luce che illumina (Ruth E. Renkel).