Morimondo4Quando si visita un luogo ricco di storia e di spiritualità, come l’abbazia di Morimondo ci si accorge che, se non si ha un po di preparazione, o una buona guida, si rischia di stare col naso per aria senza capire gran che di quello che si vede e si incontra.

E’ come se leggessimo un libro in una lingua che non conosciamo: comprendiamo le lettere, qualche frase, ma non l’intero significato del testo. Morimondo, che significa “morire al mondo per rinascere”, ha una sua storia e un’architettura particolari: storia che ha origine nel Medioevo, con radici nei primi secoli del Cristianesimo e un’architettura, usata come linguaggio e mezzo per trasmettere i valori dello spirito, proveniente dalla spiritualità cistercense: una realtà materiale che rappresenta il cammino per arrivare a Dio: per adeguarsi alla semplicità evangelica bandiva la ricchezza delle chiese, troppo fastose di paramenti, pitture, sculture e decorazioni, nel rispetto della Regola, assai impegnativa e dura per chi vi aderiva.

Abito semplice, consistente in una tonaca rozza e in una cocolla di lana senza maniche; unico, di norma, il pasto nella giornata e senza consumo di carne, uova, latte, cacio e pesci; dormitorio in comune e pagliericcio steso su assi con una sola coperta; lunghe le orazioni e gli offizi divini reiterati spesso in piena notte; di giorno lavoro rurale senza posa dall’alba fino al crepuscolo; poco lo studio, per reazione forse e correttivo alle consuetudini culturali benedettine.

I dintorni Dall’abitato di Vigevano si seguono le indicazioni per Milano, scendendo verso il ponte sul Ticino. Subito dopo il fiume si attraversa una bella zona di bosco ripariale con lanche e bassure palustri, usate per la pesca sportiva, arrivando in circa 3 km alle case di Soria, dove si devia a destra per Ozzero, in corrispondenza di una fornita enoteca con selezione dei vini della zona e italiani in genere.

I campi che si incontrano a destra, verdeggianti anche in inverno di grassa erba rigogliosa, sono un bell’esempio di marcita, impiantata su terreni in naturale declivio. La strada è strettina, ma vale senz’altro fermarsi presso la cascina che s’incontra a destra, per vedere la chiusa a tre scivoli con ballatoio coperto annessa alla cascina stessa, che regola le acque di fontanile della marcita. Interessante il sistema di porte regolate a vite senza fine, di cui una ancora in legno.

Poco prima di Ozzero, si devia in corrispondenza di un cippo in pietra per Morimondo. La strada asfaltata si addentra tra vasti campi e cascine che degradano dalla terrazzatura fluviale sul Ticino, circondato da boschi, arrivando alla grande corte aperta della cascina Cerina di Sopra. Per chi vuole soffermarsi o addirittura proseguire lungo una sterrata (prima però verificatene le condizioni) verso la roggia del Lasso e il rio Rile, proseguendo a piedi lungo i 2 km di sentieri che s’inoltrano nel Bosco Genestre e più oltre, seguendo l’asfalto, alle cascine Fiorentina e Monte Oliveto: località dai nomi toscani, portati certamente dai monaci, rifondatori del monastero nel 1490 e provenienti da quella regione.

Il tracciato risale, sfiorando sulla destra il bosco Vacaressino, e entra in un folto di pioppo nero che cela in basso un laghetto di irrigazione, sovrastato dalla Torre Vigaggiolo. Più oltre, dopo un ripido doppio tornante che risale il terrazzo fluviale si arriva all’abitato di Morimondo, in corrispondenza del parcheggio (nei giorni festivi occorre lasciare l’auto, visto il divieto di transito ai non residenti).

Proseguendo verso destra si incontra la chiesa sconsacrata di San Bernardo, in cui ha preso corpo una curiosa iniziativa legata alla ricerca musicale e sorpassando un primo e un secondo arco si arriva nella concava piazza, dove verso il Ticino sorge il monumentale complesso cistercense di Morimondo.

MorimondoLa chiesa abbaziale, intitolata a Santa Maria Nascente, precede il monastero, un bell’esempio di architettura cistercense che lascia trasparire l’adattamento alla tradizione locale dell’originario stile gotico e domina su un fianco il suggestivo piazzale, introdotto al visitatore da due arconi.

Già l’esterno della struttura ci parla di umiltà: l’utilizzo dei mattoni, fatti di argilla, che per la zona non è un materiale ricercato o prezioso, le murature lineari e sobrie, comprese quelle delle absidi, la semplice presenza di una torre nolare, che si innalza all’incrocio tra transetto e presbiterio, anziché un alto campanile.

La facciata ha taglio a capanna, tipicamente a vela (più alta, cioè, del tetto principale, con bell’effetto di apertura verso il cielo ed ha il basamento molto alto rispetto al piazzale. La parte superiore con le bifore, le aperture cieche e il rosone centrale (recentemente rimaneggiato), è coronata da una fila di archetti che continua sui fianchi fino al piccolo tiburio ottagonale.

Nella parte inferiore si notano tracce di un nartece a tre archi: nelle antiche chiese dell’inizio del cristianesimo questa era la parte riservata a quelle persone che si avvicinavano alla fede, ma non avevano ancora ricevuto il Battesimo. Questa struttura, non molto usata nella tipologia cistercense, è rimasta anche se con il tempo ha cambiato la sua funzione.

Notevole è l’effetto cromatico che si verifica nel pomeriggio inoltrato quando i raggi del sole bassi e diretti colpiscono la facciata; sulla stessa si intravedono delle scodelle maiolicate inserite fra i mattoni, simboli della carità dei monaci verso i pellegrini che qui trovavano cibo e ospitalità. Il portale è preceduto da un pronao, aggiunto nel 1736.

La struttura architettonica ricalca le caratteristiche cistercensi, è a croce latina con tre navate, abside rettangolare orientata verso Est, transetto che contiene due cappelle per braccio e presenza della scala di connessione col dormitorio, dove si riscontra la totale assenza di cappelle laterali nella navata maggiore. Il sistema portante, molto probabilmente deriva dalla Borgogna, le navate sono divise da pilastri cilindrici di diversa fattura con capitelli che reggono archi ogivali e volte a crociera.

La decorazione, dopo l’eliminazione delle aggiunte barocche, è quella originaria, dettata dalla regola di San Bernardo che bandiva tutte le cose superflue dal tempio per adeguarlo alla semplicità evangelica. All’interno si trovano alcune opere d’arte che risalgono al periodo compreso tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, quando Morimondo entrò a far parte del grande progetto di riforma per opera dei monaci fiorentini della Badia di Settimo, inviati nel 1490 da Giovanni de’ Medici, abate commendatario.

Fra le opere più notevoli troviamo alla quarta campata la “Madonna col Bambino” tra San Benedetto e San Bernardo, datato 1515, opera di Bernardino Luini (è un affresco strappato: non dipinto qui originariamente) e l’acquasantiera trecentesca al primo pilastro, formata dall’originario lavabo del chiostro, probabilmente del secolo XIII, appoggiata a colonnette provenienti da antiche demolizioni. Al centro della vasca si alza una statua della Madonna, cinta da corona e sostenente fra le braccia il bambino Gesù.

Certo questa Madonnina ha tutta la grazia soave della scultura cosidetta gotica per l’affinità sua con la rotonda plastica francese. Il coro, di bell’impianto architettonico, si compone di 70 stalli divisi in due ordini; qui prendevano posto i monaci per le funzioni: il suo pregio è legato a rappresentazioni figurative e simboliche eseguite con la tecnica dell’intarsio e della pirografia.

Fu commissionato dai monaci di Settimo Fiorentino all’intagliatore Francesco Giranno e fu concluso nel 1522. In fondo alla navata destra una porta con cornice rinascimentale in terracotta, comunica con la sagrestia, ove si trova l’armarìum, vano per conservare atti e documenti.

Morimondo3Del chiostro, rifatto tra il 1400 e il 1500, un’ala soltanto è originale: più volte è stato rimaneggiato nel tempo e perfino suddiviso in abitazioni private e sede del municipio locale. La sala capitolare, a due navate, è tra i pochi locali che non sono stati modificati nei secoli successivi, come invece è successo al refettorio e alla cucina nel XVII secolo, al dormitorio sovrastante, al parlatorio e alla sala lavoro dei monaci, originariamente divisa in due navate da una fila di pilastri.

Nello scriptorium, luogo dove venivano copiati e scritti i Codici e i testi sacri, era stato inserito tra le arcate una grande sala la cui costruzione ha comportato la demolizione di ben tre campate. I tre porticati sono del primissimo ‘500 e i due palazzi sia al lato nord che a quello ovest, della metà del ‘700. Sul lato sud si affacciano il refettorio con un grande camino barocco e il calefactorium (locale riscaldato); nel lato ovest, l’ala dei conversi è quella che ha subito, nei secoli, le maggiori trasformazioni, con sopralzo e prolungamento sul fianco della chiesa.

Una peculiarità di Morimondo è quella che, essendo costruita a ridosso di un avvallamento del terreno, presenta i lati est e sud del cenobio edificati su più piani. Il lato est, partendo dall’alto, ospita il dormitorio, poi al livello del chiostro la sala dei monaci, al di sotto del quale si trovano altri due piani: sotto la sala dei monaci un locale con volte a crociera ancora intatto, sotto ancora le cantine che si trovano al piano terreno. Da sud, pertanto, il monastero di Morimondo si presenta come un’imponente costruzione di quattro piani, esempio di un edificio di clausura sviluppato in verticale.

Nonostante vari saccheggi, il monumento é sopravvissuto nel tempo e con esso sono ancora vivi anche i valori per i quali è stato edificato: la comunità locale ha progressivamente preso coscienza della civiltà di cui il monachesimo cistercense fu promotore. Una visita è certamente consigliata e ricompensata dalla bellezza del complesso abbaziale e dalle tranquillità dei luoghi in cui è immerso. Qualche difficoltà da mettere in conto per chi ha problemi motori. Appunti storici Morimondo sorge su una piccola altura, sopra il corso del Ticino, ed è considerata il primo esempio di stile gotico in Italia; a 6 chilometri da Abbiategrasso, nella Bassa milanese è tra le più antiche abbazie cistercensi italiane.

Nel 1134, dodici monaci, sotto la guida dell’abate Gualcherio, provenienti dal monastero di Morimond in Borgogna, arrivarono a Coronate, nella valle del Ticino, per stabilirvi una comunità monastica. Due anni dopo si spostarono in una località vicina, chiamata Faruciola, dove si insediarono definitivamente erigendovi il monastero.

Federico Barbarossa, durante l’assedio di Alessandria del 1175, rilasciò a Morimondo degli importanti benefici, che furono per l’abbazia stimolo ed occasione di ulteriore sviluppo. Nel 1182 si diede inizio alla costruzione della chiesa abbaziale, ma i lavori si protrassero per lungo tempo tanto da essere inaugurata solo nel 1297. In seguito a varie donazioni di terre, l’abbazia ebbe la sua fase di massimo splendore tra il XII e il XIV secolo, quando il patrimonio dei monaci raggiunse le 32 mila pertiche di coltivo e le 9 mila di bosco, con gran numero di grange e mulini , oltre il possesso di case, cascinali e abitati vicini.

Un segno notevole ed eloquente della ricchezza anche delle vocazioni é testimoniato dalla fiorente attività dello scriptorium. Ai monaci di Morimondo va il merito di aver bonificato e valorizzato le terre alla sinistra del Ticino, poiché il lavoro dei campi rientrava tra le regole dell’ordine di San Bernardo; il perfezionamento della tecnica di marcita deve essere in gran parte a loro attribuito.

Verso la metà del ‘400, con la trasformazione in commenda a opera di Giovanni Visconti, iniziò la decadenza dell’abbazia, però presto recuperata e riportata all’originaria spiritualità nell’ambito di un progetto di riforma per opera dei monaci fiorentini della Badia di Settimo, inviati nel 1490 da Giovanni de’ Medici, abate commendatario. Nel 1561 si ha l’alienazione di gran parte dei possedimenti da parte di Carlo Borromeo, che li trasferì all’Ospedale Maggiore di Milano. Nel 1799, sotto Napoleone, l’Abbazia fu soppressa. restando abbandonata fino a quando, nel 1909, l’ente per la conservazione dei monumenti erogò il primo contributo con l’avvio dei primi restauri.

Dal 1952, anno in cui vennero chiamati a rifondare l’abbazia dal cardinale di Milano, Ildefonso Schuster, sono a Morimondo i padri Oblati di Maria Vergine. Sul finire del 1982 il Comune di di Morimondo acquistò l’ abbazia dagli eredi del pittore Angelo Comolli, che l’ aveva comprata nel 1917. La situazione era a dir poco disastrosa: le volte del chiostro dell’abbazia erano state murate per diventare alloggi e magazzini.

Nelle stanze dei monaci abitavano decine di famiglie. Nelle cantine c’ erano le stalle di due aziende agricole e non mancava neppure il negozio del fornaio del paese. Poi, nel 1985, la grande nevicata fece crollare gran parte del tetto. Dopo cinque anni di lavori e sette milioni di euro vengono riaperte al pubblico le sale dell’Abbazia, con il recupero delle ventiquattro celle dei monaci, lo studio dell’ abate, le cantine e il “lapidarium”, la stanza dove saranno custoditi i reperti recuperati. Ora si pensa al recupero di quella che resta della ricca biblioteca, una delle più vivaci dell’Ordine cistercense nel XII-XIII secolo.

Durante i restauri sono emerse anche strutture murarie di cui si ignorava l’esistenza. Da un intervento di scavo è risultato evidente che si trattava di muri in alzato conservatisi in altezza anche per oltre 2 metri, che andavano a circoscrivere spazi aperti che rimasero tali fino alla costruzione del grande terrazzamento tuttora presente. Il rilievo ha permesso di ricostruire il profilo originario del ripido pendio della collina su cui sorge l’abbazia stessa. Una cinta muraria e un piano di calpestio in tritume di laterizi, che segue il digradare della collina, segnavano probabilmente il percorso dei conversi in direzione della chiesa, là dove dovevano avere un ingresso a loro riservato.

Il “Museo abbaziale”, nato per valorizzare e far conoscere i vari ambienti del complesso monastico e il “Civico Museo Angelo Comolli”, finalizzato a conservare i cartoni dell’artista e farne conoscere l’opera, sono visitabili dal lunedì al giovedì dalle 10 alle 12 e dalle 14,30 alle 17,30 mentre sabato e domenica dalle14,30-17,30 (venerdì chiuso)

La chiesa dell’abbazia è aperta dal lunedì al sabato dalle 8,30 alle 12 e dalle 14,30 alle 16 (fino alle 18 nel periodo estivo) mentre domenica dalle 9 alle12 e nel pomeriggio 14,30-18 (fino alle 19 nel periodo estivo)

Contatti per visite guidate e informazioni:

Piazza San Bernardo, Morimondo, 20081 Telefono: +39 02 9496 1941

Fondazione Abbazia di Morimondo piazza Municipio 6 Morimondo 20081 MI telefono +039 02 9496 1919