giovanni battistaVANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

RIFLESSIONE

19 gennaio 2014

OGNUNO, QUALCUNO, CIASCUNO, NESSUNO
2a domenica del Tempo Ordinario A

La vita nella comunità cristiana, nella società o nella famiglia
spesso è simile alla storia di quattro amici, che si chiamavano
“Ognuno”, “Qualcuno”, “Ciascuno” e “Nessuno”.
C’era un lavoro importante da fare.
“Ognuno” era sicuro che “Qualcuno” lo avrebbe fatto.
“Ciascuno” avrebbe potuto farlo. “Nessuno” voleva farlo.
Finché “Ciascuno” incolpò “Qualcuno”
perché “Nessuno” aveva fatto
ciò che “Ognuno” avrebbe dovuto fare.

Così nel Vangelo di oggi: non succede niente. Tutto piatto.
Gesù non dice nulla. Giovanni Battista dice: “non lo conoscevo”.

L’uomo che guarda sempre di più per terra dove mette i piedi,
rende la dimensione religiosa sempre meno convincente.
Non si regge e non sta in piedi una fede fondata sui miracoli.

Gesù non fonda una religione, ma abita gli incontri più normali.
Nel suo essere in fila con i piedi nel fango è “l’agnello di Dio”.

L’agnello è un simbolo rituale comune a molte religioni antiche.
Piccolo, bianco, tenero, dolce richiama subito l’innocenza.
Il gesto rituale era mettere le mani sulla testa dell’agnello
elencando i guai della società e le colpe personali
quasi a vomitare il nero del male sulla sua soffice lana bianca.
Una volta caricato del peso del negativo, l’agnello veniva ucciso:
o sgozzato o abbandonato a morire di fame nel deserto,
simbolo che il male moriva con lui o era allontanato con lui.

L’agnello sacrificale scambia il proprio bene prendendosi il male.
Sacrificarsi al posto di un altro, dare il sangue, consumare la vita.
Quanto ci sembrano primitive, superate o ridicole queste cose.

Eppure a pensarci bene, sono le dinamiche che salvano l’amore,
sono i pilastri che legano una coppia e sostengono una famiglia.
Quanti sacrifici, quante cose fatte al posto dell’altro e per l’altro.

Quante volte si “dà il sangue”, ma ciò diventa “trasfusione”
di quella linfa di vita che è il cercare di capire, l’incoraggiamento,
la tenerezza, l’ascolto, la pazienza, il perdonare, il ricominciare.
Quante ferite e sofferenze curate da questo “sangue” donato.

Non ci sono oggi agnelli sgozzati, ma in casa quanti sacrifici
che sono il prendere su di sé la fatica per il bene di chi si ama.
Ci si consuma caricandosi ciò che disumanizza chi si ama:
il pessimismo, il disprezzo, il fallimento, la colpa, la debolezza.

Proprio per questo è “sacri-ficio”, cioè “ciò che fa/rende sacro”
un amore da costruire, un male da perdonare, una casa da abitare.

“Ecco l’Agnello di Dio che toglie IL peccato del mondo”.
C’è una sottigliezza: non si parla di “peccati” ma di “peccato”.
Al singolare. Si tratta quindi di identificare un peccato che,
in qualche modo, contiene, genera, spiega tutti i peccati. Quale è?

La Bibbia, fin dalla sua prima pagina con il racconto di Adamo,
ci dice che questo peccato del mondo, “IL Peccato”, è l’orgoglio.
È per orgoglio che Adamo dice di no a Dio e che fa a meno di lui.
È per orgoglio che non ci si fida, che si incrinano le relazioni,
che si guarda con sospetto, invidia, gelosia, rabbia.

L’orgoglio è il contrario dell’agnello. Infatti ti spinge a sbranare,
a urlare, a graffiare, a giudicare, a rivendicare, a pretendere.
Il volto dell’orgoglio è l’egoismo, lo stile è la presunzione.

“L’egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nell’esigere
che gli altri vivano come pare a noi” (Oscar Wilde).

L’agnello non difende il suo bianco ma prende il nero e lo fa suo.
La forza dell’agnello non sta nelle sue unghie o nel suo gridare,
ma nei suoi sacrifici, nel suo donarsi. Non si aspetta nulla.

È la presenza silenziosa di un amore efficace che salva davvero:
porta le fatiche, cura le ferite, svelena i torti, sistema i disordini.

Quanti “agnelli” hanno tolto il male e la fatica dalla nostra vita.
Oggi impariamo da Giovanni Battista a riconoscerli e indicarli.
Oggi chiediamo a Dio di poter essere anche noi riconosciuti così,
un po’ agnelli che tolgono il male, almeno qualche volta.