mali2dIl Mali, è da considerarsi uno dei territori presenti nell’Africa centro occidentale che vanta nel suo interno, assieme al Niger, al Burkina Faso ed alla Costa d’Avorio, di una popolazione tra le più interessanti e differenziate dell’area Sud-Sahariana. Le diversità culturali, utili a preservare le singole caratteristiche etniche, hanno come fattore comune il mantenimento delle singole identità, le tradizioni. La tradizione, vissuta come elemento d’appartenenza ad un determinato gruppo etnico è una delle caratteristiche preponderanti che, agendo da collante sociale, lega le singole famiglie.

È importante vedere come questo fattore d’unione, che nasce da antichissime tradizioni, anche se influenzato da elementi esterni, (come ad esempio quelli religiosi che tendono ad accomunare e rendere omogenei ed a spersonalizzare antichi usi e costumi), è una delle aratteristiche forti che permettono di mantenere quasi inalterato, il modo di vivere delle diverse etnie.

Grazie a tutto questo, sommato ad una specifica distribuzione su un territorio vasto e morfologicamente differenziato, queste etnie hanno saputo mantenere quasi totalmente integra la propria cultura, e ciò ha contribuito e contribuisce tutt’ora a preservarne la “purezza” e la ricchezza etno-culturale tipica del paese. I principali raggruppamenti autoctoni che definiscono le differenti etnie.

DOGON

mali2lPopolo che conta circa 300.000 individui dalle origini leggendarie. Presente nella zona sud orientale del paese, occupa la regione della falesia di Bandiagara, che lo isola dal resto del mondo, a sud del fiume Niger. Alcuni gruppi sono stanziati nei territori attigui al Burkina Faso. I Dogon si sono spostati dalla regione mandé a sud est del Mali durante il XIV secolo, per sfuggire all’ondata di islamizzazione e si sonofermati nella regione di Bandiagara che allora era abitata dai Tallem. La loro storia si collega a questo punto con quella dei vicini Bozo con cui intrattengono molti rapporti di scambio e reciprocità.

Soprannominati il “popolo delle stelle” per il forte legame tra religione e cosmologia che li contraddistingue, si considerano discendenti da Amma, il Dio venuto dallo spazio, e in particolare da Sirio B, una stella – invisibile ad occhio nudo – che i Dogon conoscono fin dall’antichità, ma che gli astronomi moderni sono riusciti a localizzare alla fine dell’800 e a fotografare solo nel 1970. A Sirio B è dedicata la festa del Sigi, che si svolge ogni 60 anni, al passaggio della stella sul paese Dogon. La venuta di Amma sulla terra, a bordo di un’Arca la cui descrizione corrisponde a quella di un disco volante, e le particolari conoscenze cosmologiche, hanno spesso fatto pensare a un contatto del popolo delle stelle con una civiltà aliena. Un mistero che rende ancora più affascinante un’eventuale visita nel cuore del Paese Dogon.

Prevalentemente coltivatori di miglio hanno una particolare abilità come fabbri e scultori (famose sono le porte delle abitazioni e dei granai). La lingua dogon presenta caratteristiche particolari, molte varianti e molti dialetti. ogni membro di questa popolazione ha 4 nomi:1 nome proibito,segreto,un altro che è “corrente”,uno che si riferisce alla madre e uno è il nome della classe di età. per evitare problemi con le altre parole di uso comune questi nomi sono presi dai dialetti di altre tribù Dogon. Ogni nome ha un significato linguistico.

Tradizionalmente, i Dogon praticano l’animismo e nonostante i contatti con l’Islam e con altre religioni monoteistiche, essi mantengono un legame molto forte con la fede animista. Marcel Griaule, etnologo ha dedicato molti studi a questa popolazione, in particolare agli aspetti religiosi e alle tradizioni cosmogoniche.

Nel 1936, il ricercatore ebbe una lunga conversazione con il vecchio Ogotemmêli, un hôgon ovvero un capo religioso: il loro incontro ha portato Griaule alla pubblicazione di uno dei saggi più importanti dell’antropologia classica, che è stato a lungo protagonista di dispute e dibattiti in ambito accademico ma non solo. il sistema Dogon presenta un unico Dio creatore, Amma, che ha generato i suoi figli con la Terra, sua sposa: Yurugu, essere imperfetto che conosce la prima parola, Nommo essere doppio in quanto sia maschio che femmina è il maestro della parola e la insegna ai primi otto esseri umani Dogon, quattro coppie di gemelli, nati da una coppia d’argilla creata da Amma, che diverranno gli antenati. La loro antica religione animista si esprime in cerimonie e danze rituali, in cui le maschere sono il simbolo più importante.

mali2bUna volta ogni sessant’anni viene celebrato il Sigui, cerimonia itinerante di villaggio in villaggio, che rappresenta la perdita dell’immortalità da parte dell’uomo attraverso la rievocazione della morte del primo antenato Dyongu Seru, rappresentato dalla iminana una grande maschera che viene intagliata a forma di serpente ed è alta circa 10 metri. Questa straordinaria maschera viene poi conservata in una grotta segreta. Il villaggio è costruito seguendo le forme umane: la testa è costituita dal togu-na, la casa della parola, una bassa tettoia dove l’hogon e gli anziani si ritrovano per discutere le questioni importanti del villaggio; il tronco e gli arti sono occupati dalle case di fango con i relativi granai dal caratteristico tetto di paglia di forma conica con base circolare o quadrata. Il braccio destro è costituito dallo yapunu guina, la casa dove le donne risiedono durante il periodo mestruale, in quanto impure.

BOZO

I Bozo sono una popolazione africana, stanziata nella parte centrale del delta del fiume Niger, in Mali, fra Djenné e Debo. Sono una popolazione negroide dedicata principalmente alla pesca. La popolazione dei Bozo ammontava a 132.100 persone al censimento del 2000. Parlano quattro lingue che complessivamente formano il sottogruppo linguistico della lingue bozo. Il gruppo delle lingue bozo (talvolta boso) comprende quattro idiomi correlati parlati dai Bozo, un popolo di pescatori che vive nella parte centrale del delta del Niger, in Mali. Le lingue bozo a loro volta appartengono al sottogruppo lingue soninke-bozo delle é nordoccidentali.

Le quattro lingue del gruppo sono lo hainyaho (poche migliaia di parlanti), il tiéyaho o tigemaxo (poche migliaia di parlanti), il tièma cièwe (circa 2.500 parlanti) e il sorogama/jenaama o sorko (100.000 parlanti) FULANI (Peul) Etnia nomade dell’Africa occidentale, dedita alla pastorizia, allevamento ed al commercio. Sono diffusi dalla Mauritania al Camerun e contano complessivamente fra i 6 e i 19 milioni di persone. Loro stessi si definiscono con il nome di Fulbe (al singolare Pullo), nome che deriva da una parola in lingua fulfulde che significa “nuovo”. Fulani è la definizione di derivazione anglofona mentre in francese il nome della popolazione è Peul. La forma mandinka usata in Senegal e Gambia è Fula mentre in Sudan la popolazione araba li chiama Fellah.

Vi sono diverse teorie sull’origine della popolazione Fulani; una di queste ipotizza che siano i discendenti di una popolazione preistorica del Sahara migrata inizialmente verso il Senegal e in seguito (intorno all’anno 1000 a.C.) lungo le rive del fiume Niger alla ricerca di pascoli per le mandrie. In passato i Fulani ebbero un ruolo importante nell’ascesa e caduta degli stati Mossi in Burkina Faso; contribuirono inoltre ai movimenti migratori verso meridione diretti in Nigeria e Camerun. A loro si deve l’introduzione e la diffusione della religione islamica in Africa occidentale. L’apice dell’impero Fulani fu tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo quando una serie di guerre religiose intraprese da Usman dan Fodio rafforzò l’impero.

TOUAREG

mali2hI Tuareg sono una popolazione africana che vive nomade nel Sahara (soprattutto Mali e Niger ma anche in Algeria, Libia, Burkina Faso e perfino nel Ciad, dove sono chiamati Kinnin).Essi sono anche detti dagli occidentali Berberi e la loro lingua (tamahaq, tamashek o tamajeq, a seconda dei parlati) è un dialetto del berbero. Il nome “twareg” è di origine araba: è un plurale arabo dalla parola Targi “abitante della Targa” (targa in berbero significa “canale” e come toponimo indica il Fezzan). I Tuareg non si designano con questo nome, ma semplicemente come Kel tamahaq, cioè “Quelli che parlano la tamahaq”.

Per quanto riguarda il loro aspetto fisico, presentano statura anche molto alta, faccia lunga e stretta, corporatura robusta, capelli ed occhi scuri. La pelle può essere anche molto chiara, ma non di rado è bruno-scura, segno di un meticciamento di genti sahariane con elementi negroidi. I Tuareg portano un velo sulla testa di colore diverso rispetto alla casta da cui provengono: esso è indaco per i nobili e ricchi, nero per la gente comune e bianco per i servi e per gli schiavi. Gli uomini della comunità hanno imparato a mangiare e a bere senza togliersi la tagelmust (il velo). Il velo è d’obbligo solo per gli uomini, mentre per le donne è necessaria un velo che copre solo la testa.

Oggi allevano dromedari e vivono in villaggi provvisori formati da tende. I loro clan sono matrilineari ma non basati sul matriarcato e le loro tribù sono divise in classi sociali o ceti. La religione che praticano è l’Islam, anche se vi è chi ha visto in diverse loro pratiche e leggende dei residui di un anteriore animismo. L’epoca precisa di adozione dell’Islam è controversa, ma comunque risale a diversi secoli fa. Le donne hanno una libertà maggiore rispetto ad altre culture islamiche, e tra l’altro possono divorziare dal marito. Quando ciò si verifica, dal momento che le tende sono di proprietà della donna, l’ex-marito si ritrova senza un tetto e deve cercare ospitalità presso parenti di sesso femminile (madre, sorelle). Oggi i Tuareg sono raggruppati in diverse confederazioni rette da un capo (un amenukal o un amghar, a seconda delle tribù), nelle quali si conservano la lingua e le tradizioni.

Le più importanti in Mali sono: Kel Adagh (nell’Adrar degli Ifoghas) Kel Ataram (Iwellimmidden dell’ovest) Circa la storia più antica dei tuareg si sa poco di preciso. Ogni confederazione conserva tradizioni relative all’arrivo nelle sedi storiche. Spesso il progenitore ancestrale è una donna (per esempio Tin Hinan presso i tuareg del Nord), e quasi sempre si ricorda la presenza anteriore di altre popolazioni (gli Isebeten, dalla lingua un po’ diversa e dai modi più primitivi). Comunque sia, per secoli i Tuareg sono vissuti come dominatori del deserto, esercitando l’allevamento, il commercio transahariano e la razzia, il che portava a frequenti scontri tra tribù. Sottomessi (almeno nominalmente) dai Francesi intorno agli inizi del Novecento, i Tuareg poterono mantenere a lungo i propri capi e le proprie tradizioni.

Ma con la decolonizzazione videro il loro paese frammentato in una serie di Stati-Nazione, con la conseguente creazione di frontiere e di barriere che rendevano estremamente difficile, quando non impossibile, il modo di vita tradizionale basato sul nomadismo. L’attrito con i governi al potere si fece sempre più forte e sfociò negli anni novanta, in aperti scontri tra tuareg e i governi di Mali e Niger; l’intervento militare, che a volte ha massacrato la popolazione di interi villaggi (Tchin Tabaraden, Niger, maggio 1990), ha causato la morte di molte persone.

Molte persone non potendo più praticare il nomadismo andarono nelle periferie delle città e continuano ancora oggi a fare lavori di artigianato, lavorano in miniere, oppure i più fortunati sono guide di viaggi. La società tuareg tradizionale è molto gerarchizzata. Al suo interno si distinguono diversi livelli (caste). In particolare, le tre classi principali sono: Imajaghan (al nord: Ihaggaren): gli appartenenti alle tribù nobili, Imghad (o kel ulli “quelli delle capre”)i “tributari”, gli appartenenti a tribù vassalle, Iklan (singolare akli): gli schiavi negri. Un ruolo a parte spetta poi a: Ineslemen (le tribù marabuttiche), cui viene di norma affidata la gestione del sacro. i fabbri, o artigiani, che costituiscono una classe a sé con forte endogamia.

mali2iI Tuareg sono anche soprannominati “Uomini Blu”, con riferimento alla tradizione degli uomini di coprirsi il capo ed il volto con un velo blu (la tagelmust), di cui rimangono alcune tracce sulla loro pelle. I Tuareg mantengono molti aspetti linguistici e culturali originari delle popolazioni berbere che popolano il Nordafrica dalla notte dei tempi. La lingua dei tuareg, a differenza di quella dei Berberi del nord, ha un apporto trascurabile di prestiti dall’arabo.

Inoltre i Tuareg hanno mantenuto fino ad oggi l’uso della scrittura tradizionale del Nordafrica, detta tifinagh, che discende da quella delle antiche iscrizioni libiche (I millennio a.C.). La cultura tradizionale dei Tuareg ha conservato numerosi miti antichi, in cui non è difficile scorgere un fondo preislamico, anche se in molti casi si osserva un’integrazione tra elementi antichi ed elementi più recenti, di origine arabo islamica. Per esempio i miti della progenitrice Tin Hinan, della cammella Fakrou, dell’eroe fondatore Amerolqis, dell’astuto Aligurran, ecc.

BAMBARA

I Bambara o Bamana sono l’etnia principale del Mali (2.500.000 persone, circa il 32% della popolazione complessiva del paese). Le regioni in cui i Bambara sono più numerosi sono quelle di Ségou e di Bamako, nella regione di savana al centro del Mali, ma ci sono comunità bambara anche in altre zone. La loro lingua è parlata anche da altre popolazioni della zona. Come i Malinke e i Marka (con cui hanno ancora moltissimi tratti in comune), i Bambara discendono dall’antico Impero del Mali. Alcuni storici ritengono che si debba a loro l’introduzione dell’agricoltura nell’Africa subsahariana. Dopo il crollo dell’Impero del Mali, nella regione si formarono diversi regni, fra cui quello di Segou (1660-1881) e quello di Kaarta (1670-1851).

Un Regno Bambara si sviluppò a partire dal XVII secolo e raggiunse l’apice della propria potenza e ricchezza fra gli anni 1760 e 1780, durante il regno del sovrano N’golo Diarra. L’arrivo dei francesi pose fine al regno alla fine del XIX secolo. I Bambara, principalmente agricoltori, in particolare di miglio, praticano anche l’allevamento. Sono noti per la loro abilità nella lavorazione di ferro, legno, cuoio, ceramica e tessuti.

Particolarmente caratteristico della loro produzione artigianale è il chiwara o tjiwara, un copricapo-maschera tradizionale di legno intagliato, in forma di antilope, che viene indossato nelle cerimonie religiose. Tutte le maschere bambara sono realizzate in un particolare stile chiamato segou, caratterizzato tra l’altro da volti piatti, nasi a forma di freccia, e segni triangolari che rappresentano cicatrici decorative.

Una grande mostra di arte bambara è stata tenuta nel 2001-2002 al Rietberg Museum di Zurigo e al Museum of African Art di New York. Nonostante l’azione dei missionari, il cristianesimo non ha mai attecchito in modo significativo nella comunità bambara, che è tutt’oggi prevalentemente animista; in tempi recenti si è osservato invece un processo di islamizzazione. La società tradizionale bambara è suddivisa in sei caste iniziatiche maschili, chiamate dyow (al singolare dyo), per esempio i komo e i koré.

MALINKE

I Malinke sono un popolo africano del Mali, prevalentemente stanziato nella zona di Bamako. Le origini storiche di questo popolo sono abbastanza incerte; sono molto vicini ai Bambara dal punto di vista somatico, linguistico e culturale. Anche se con qualche influenza islamica, sono in maggioranza di religione animista.

SENUFO

gruppo etnico distribuito in Costa d’Avorio, Mali e nel Burkina Faso e più precisamente dal territorio a sud di Ségou, nel Mali, fino al nord di Bouaké, Costa d’Avorio. Si tratta prevalentemente di agricoltori sedentari che vivono in villaggi, talvolta circondati da una muro di cinta per proteggersi dalle invasioni dei Mandingo. Le abitazioni tipiche sono cilindriche o rettangolari, realizzate in terra battuta e argilla disseccata e addossate le une sulle altre. Il terreno viene completamente sfruttato e sottoposto alla rotazione delle colture.

Piuttosto sviluppata è la coltura del riso, di cui esportano le quantità eccedenti, e richiede particolari lavori di irrigazione e di prosciugamento durante la stagione secca. I Senufo coltivano anche il miglio, che costituisce il loro alimento base, l’igname e il granturco; la manioca e la patata rappresentano colture integrative. Recentemente sono state introdotte delle nuove specie e in particolare l’arachide e il cotone, anche se quest’ultimo non è stato accolto in maniera molto favorevole. Di poca rilevanza risulta l’allevamento di capre e pecore. L’artigianato e praticato solo ed esclusivamente dagli uomini; sviluppata è la tessitura del cotone, grazie anche agli influssi dell’Islam e dei Mandingo.

I Senufo lavorano anche il rame ma sono famosi soprattutto per le sculture in legno create da un gruppo professionista di artigiani che danno vita a maschere rituali, raffigurazioni di antenati, porte, sedili…etc. Ogni nucleo familiare porta il nome di un animale sacro e può essere formata da una coppia, dalla famiglia ristretta o da quella allargata; il capo di tale nucleo rappresenta gli antenati e ciò gli conferisce l’autorità di cui gode.

Il matrimonio senufo, che può essere legalmente poligamo, può durare diverso tempo arrivando anche a durare diversi mesi nel corso dei quali le famiglie degli sposi si scambiano visite e regali. Spesso la famiglia della fidanzata richiede una determinata somma di denaro. La proprietà della terra è, da sempre, collettiva e sacra e gli abitanti hanno solo un diritto di uso; tuttavia se un individuo dissoda un terreno occupato da geni, può impadronirsene.

La vita religiosa dei Senufo è fortemente legata all’organizzazione iniziatica. I riti iniziatici si svolgono durante un arco di tempo di ventuno anni, suddivisi in tre fasi. Il matrimonio, per esempio, è possibile solo se un individuo è arrivato ad un certo livello iniziatico. Il loro pantheon è costituito da due divinità principali, la dea madre e il demiurgo che agisce sugli esseri umani attraverso forze invisibili. La circoncisione non è generalizzata.

SONGHAI

I Songhai sono una popolazione africana, generalmente stanziata presso il fiume Niger, nel Mali, nell’area di Tombouctou. Costituiscono il 7% della popolazione di questo Paese. Sono prevalentemente agricoltori, e coltivano cereali lungo le rive del Niger e nelle sue aree di esondazione. I Songhai moderni sono i discendenti del popolo che diede vita all’Impero Songhai, in Sudan, che ebbe una grande importanza nella storia dell’Africa anche grazie alla sua posizione strategica a cavallo fra l’Africa nera e quella bianca. Vivendo generalmente nella zona centrosettentrionale del paese, hanno subito un’influeza morfologica derivante da nord.

I Songhai sono fortemente berbericizzati; in particolare, ci sono molto analogie fra i Songhai e i Tuareg in quanto nel passato, i primi sono stati spesso al servizio forzato dei secondi.

WODAABE (Bororo)

Popolazione stanziata nella zona sud del Sahel, i Bororo sono una delle tribù Peul, gli ultimi grandi nomadi, che ancora oggi si spostano da un paese all’altro, muovendosi tra la Repubblica centro africana, il Niger, la Nigeria, arrivando anche fino in Mali (soprattutto alcune donne che commerciano rimedi tradizionali e alcuni meharisti che vendono segreti e rimedi tipici del loro sapere ancestrale). Nell’africa occidentale, l’allocazione di questa etnia è dunque spalmata su un territorio che va dal Senegal al Niger e vede un nucleo distributivo, come minoranza etnica, nel Mali.

Si attribuiscono il nome di Wodaabe e parlano una lingua di origine nigeriana-congolese, affine al Bantu. Popolo dedito alla pastorizia, come i Fulani, allevano buoi gibbuti dalle lunghe corna (zebù), cammelli e capre. Per loro il bestiame, che riveste un grande interesse, determina l’importanza delle famiglie. Più animali possiede un uomo, maggiore sarà il suo prestigio in seno alla famiglia stessa. Le donne, sotto la supervisione degli uomini, si occupano della mungitura e della vendita dei prodotti al mercato, mentre agli uomini è riservata la tratta degli animali. Vivono in nuclei retti da capifamiglia accompagnati dalle mogli e dai figli non sposati.

Tra i Bororo è diffusa la poligamia, ma soltanto gli uomini ricchi possono permettersi di mantenere più mogli e soprattutto di pagarle con numerosi capi di bestiame. Solitamente i matrimoni avvengono a seguito di una scelta endogamica (membri della stessa comunità se non addirittura figli di fratelli di capofamiglie). Il matrimonio serve a conferire dignità agli sposi. L’uomo poi, diviene ufficialmente adulto a seguito della procreazione e la donna accresce ulteriormente lo status sociale se il nascituro è maschio.

Potremo definire i wodaabe come cultori della bellezza, che celebrano in riti, canzoni e danze tradizionali. La cerimonia per la scelta della futura sposa è il massimo esempio di narcisismo di questa etnia. È un concorso di bellezza vero e proprio. I giovani maschi, appartenenti a diverse tribù, partecipano a questo rituale sfoggiando elaborate acconciature, pitture facciali policrome ed esibendosi in determinate danze che mettono in risalto una particolare mimica facciale atta a promuoverne la bellezza.

Si possono quindi osservare sguardi con occhi forzatamente spalancati per farli sembrare più grandi, pupille incrociate per evidenziare lo strabismo, considerato dalle ragazze affascinante e bocche in atteggiamento di iperbolici sorrisi per far risaltare la dentatura. Questa estremizzazione del volto, che sembra esser molto gradita alle ragazze, permette a quest’ultime di compiere la giusta scelta per una prova prematrimoniale che verrà “consumata” nella brousse.

 

Testo gentilmente concesso tratto da: http://africamali.blogspot.com/