gesu 3VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.24
RIFLESSIONE

24 agosto 2014

RISPOSTA ESATTA SE TREMA LA VOCE
21ma domenica del Tempo Ordinario A

“La gente chi dice che sia il figlio dell’uomo?”.
La domanda di Gesù sembra un sondaggio di opinione, ma parte da qui per arrivare poi a provocare sull’essenziale:
“E voi chi dite che io sia? Per te io chi sono?”.

Negli scorsi giorni Papa Francesco è stato in Corea dove il 16 agosto ha celebrato la beatificazione di 124 martiri.
Questo è un evento di una profondità straordinaria che interpella perché la particolarità della Chiesa della Corea è che non nasce da missionari che vengono dall’esterno, da preti o vescovi, ma nasce da laici che sentono parlare di Gesù, si interessano, approfondiscono informazioni, vanno alla ricerca della verità.
Giungono in questa ricerca fino in Cina dove trovano testi di Matteo Ricci, un italiano, gesuita, matematico e cartografo, studioso accolto alla corte della dinastia Ming (tre secoli prima).

La fede nasce quindi in Corea dalla curiosità intellettuale di giovani laici studenti in ricerca di un senso per la loro vita.
Non c’erano preti in Corea e per battezzarsi andavano a Pechino.

Questi giovani sono considerati pericolosi dal governo.
Vengono arrestati, torturati, uccisi. Vanno troppo contro corrente.
Danno fastidio perché hanno valori che non seguono il sistema.

Già Papa Giovanni Paolo II aveva fatto santi 103 martiri coreani tra cui Andrea Kim, il primo sacerdote nativo di quella terra.
Erano i nomi più famosi, all’apice della persecuzione.
I Beati di Papa Francesco sono quelli della prima generazione, i primi giovani curiosi di Gesù, esploratori della verità di Dio, ed è interessante che alcuni di questi sono i nonni e i genitori dei primi Santi coreani proclamati da Papa Giovanni Paolo II:
una fede casalinga, una santità cresciuta in famiglia, non in chiesa, non in convento. È l’aureola sul quotidiano.

Passare da “la gente cosa dice?” al “chi sono io per te?”
è la logica di ogni rapporto importante, di ogni legame intimo:
“Non mi interessa sapere quello che dicono gli altri, mi interessa solo quello che pensi tu, quanto conto io per te”.

È sempre tremendamente difficile rispondere a questo.
Il valore della risposta di Pietro non sta nell’esattezza delle parole ma nella vibrazione del cuore.

I termini sono senza dubbio precisi (“Tu sei il Cristo”), ma ciò che conta invece è l’amore che fa vibrare quelle parole.
Capisci se una persona ti vuole bene davvero non se te lo dice o solo perché te lo dice, ma quando le trema la voce nel dirtelo.

A Dio non interessano frasi surgelate o perfette formule rituali.
Al Signore interessa la nostra risposta personale, che è fatta da tutto ciò che siamo, con la nostra storia e le nostre storie, impastate di ferite, delusioni, peccati, fragilità, pasticci, ma anche di amori, speranze, sogni, qualità, doni, conquiste.

Le angoscianti notizie di questi giorni sui cristiani perseguitati, migliaia di persone che perdono tutto, rischiano la vita, abbandonano case e paesi solo perché sono credenti, cioè solo perché hanno risposto a questa domanda di Gesù mi ha fatto ricordare una provocazione di Dietrich Bonhoeffer:
“Se in tempo di persecuzione ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te?”.

Proviamo a dirlo in modo diverso:
se decidessi di smettere di essere cristiano cambierebbe qualcosa nel mio modo quotidiano di vivere?
sarebbe diverso il mio stile di affrontare l’esistenza?
qualcuno si accorgerebbe che è cambiato qualcosa in me?

Attenzione: la risposta è esatta solo se ci trema la voce.