Capolavoro di architettura pre-romanica lombarda

Basilica di San Pietro al Monte - CivateSi narra che il complesso monumentale di S. Pietro al Monte sia stato fondato da Desiderio, re dei Longobardi. La leggenda narra che suo figlio, Adelchi, durante una partita di caccia, stava inseguendo un cinghiale fin dentro una chiesetta sita su questo monte.

Mentre stava per lanciare la freccia contro l’animale, che si era accovacciato davanti all’altare quasi a chiedere protezione a Dio, il principe divenne improvvisamente cieco. Pentitosi del male che stava per compiere, aiutato da un eremita, che qui stava in preghiera, si bagnò gli occhi alla sorgente che scaturiva in prossimità della chiesetta e riacquistò miracolosamente la vista.

Re Desiderio di fronte al miracolo, non solo si convertì al Cristianesimo, ma fece anche edificare, nei pressi di questa fonte, una grande chiesa e un monastero, e vi portò preziose reliquie dei SS. Pietro e Paolo. Era l’anno 772. Cè un,altra leggenda che fa risalire la fondazione della chiesa ancora a Desiderio, ma in occasione di una vittoria sui saraceni.

Tuttavia mancano elementi storici certi che possano suffragare lorigine della chiesa in epoca longobarda. E’ certa invece la presenza a Civate (Lc) dei benedettini nel IX secolo. Nel secolo successivo il monastero crebbe di importanza, mentre l’aspetto attuale del complesso architettonico, come la maggior parte della decorazione interna (stucchi e affreschi) viene fatta risalire agli ultimi anni del secolo XI.

Quello che possiamo ammirare è dunque uno dei capolavori dell,arte italiana che precede la grande stagione romanica. L’abbazia di S. Pietro al Monte è raggiungibile a piedi da Civate, in circa 60, 90 minuti di cammino su un sentiero montano (si raccomandano calzature comode).

Si può scegliere di partire da due diverse “porte”. Attraverso il sentiero che parte dalla frazione Pozzo, che offre ampi scorci sul paese, sul lago di Annone, sulla Brianza con, più a est i profili dei monti lecchesi, o il suggestivo percorso dell’ orrido di Val dell’ Oro, nome fortemente evocativo, ma non raccoglieremo pepite sul cammino: la denominazione deriva da ‘oris’ (sorgente) e in effetti si incontrano numerose sorgenti d’ acqua lungo il cammino. Ambedue i sentieri convergono nella mulattiera che parte dalla frazione Oro (segnavia n.10).

A questo punto il tracciato quasi pianeggiante lascia il posto ad una mulattiera acciottolata che via via aumenta di pendenza fino a S. Pietro al Monte. E’ un sentiero ben curato, proprio per agevolare il cammino anche a chi non è abituato ai terreni accidentati ed è coperto da una fitta boscaglia che offre riparo dal sole anche in giornate particolarmente calde.

Per chi, terminata la visita all’abbazia volesse proseguire, con un’altra ora di cammino può raggiungere il rifugio SEC sul monte Cornizzolo, che offre un servizio di ristoro, oppure può fare una passeggiata verso il “Buco della sabbia”, una grotta nel Monte Cornizzolo utilizzata nel 2500 a.C. come necropoli.

Giunti in prossimità della meta, il bosco si apre su di un pianoro erboso dove si incontra il muro di cinta del monastero e, nei pressi della porta di ingresso, un cartello ricorda le norme di buona educazione per l’ingresso in un luogo ancora consacrato. Il complesso architettonico non si mostra all’improvviso nella sua interezza, ma si svela gradualmente: qui la bellezza della natura si unisce alla creatività dell’uomo.

Dapprima appare la sagoma tozza dell’oratorio di San Benedetto e poco avanti lo sguardo viene attratto dallo scalone, su cui si erge solenne la basilica. L’oratorio di San Benedetto (secolo XI) è una bella struttura in pietra, su pianta a croce semplice, lineare ed elegante nell’armonia delle sue proporzioni. L’interno è spoglio, ma le pareti presentano tracce di intonaco.

Basilica di San Pietro al Monte - CivateProbabilmente un tempo era tutto affrescato, ma oggi l’unico elemento decorato è il piccolo altare, che presenta tre lati con immagini sacre . Dalla parte centrale del transetto si elevano quattro colonne composite, di cui quella centrale tondeggiante, inserite nei fianchi delledificio, che non trovano giustificazione nella loro parte terminale.

Infatti esse non sostengono assolutamente nulla. Lasciano però supporre che dovessero reggere una volta od una cupola di grandi dimensioni, che in realtà non fu mai costruita L’oratorio forse era utilizzato come cappella funebre, i resti umani che sono stati esumati nel prato all’intorno fanno supporre che proprio lì fosse collocato il camposanto del monastero. Un’ultima traccia di affreschi è visibile sulla parete dietro l’altare.

Essi sono i resti di una icona che rappresentava la crocifissione, realizzata fra la fine del ‘500 e linizio del ‘600 A fine ottocento, il Barelli, che fu uno dei primi restauratori di San Pietro al Monte, si accorse che per la sua realizzazione era stata chiusa una delle tre monofore che decoravano e davano luce all’abside. Semplicemente l’ha riaperta eliminando quasi tutto l’affresco !

Appena a lato dell’oratorio, il grande scalone di pietra che sale alla chiesa. Saliamo questi gradini densi di storia millenaria e ci troviamo nell’ampio atrio semicircolare (ricostruito nel Novecento) che circonda in un abbraccio protettivo il corpo principale della chiesa.

Le belle finestre a bifora che incorniciano il paesaggio, giocando con la luce del sole creano uno spazio di penombra che ci invita a una pausa prima di entrare all’interno della chiesa e godere nel contempo del suggestivo panorama verso valle. Sopra il portale un affresco con le figure di San Pietro e San Paolo che ricevono da Cristo il vangelo e le chiavi, simbolo del potere della Chiesa.

Varcata il portone di ingresso ci fermiamo ad osservare il piccolo ambiente che precede la parte principale; risulta evidente che non si tratta di un semplice vano di passaggio bensì è caratterizzato da un ciclo di affreschi, in gran parte conservato, che trasmettono con forza il messaggio morale e teologico fondamento della fede cristiana.

Gli affreschi, risalenti al secolo XI, riproducono i papi San Marcello e San Gregorio Magno, poi troviamo Abramo padre dell’umanità (che tiene tra le sue braccia il suo popolo nella fede) e il Cristo, figura centrale, che domina la Gerusalemme Celeste: città quadrata con agli angoli le quattro virtù cardinali, fede giustizia fortezza e temperanza; nelle mura si aprono dodici porte, mentre il Cristo ha ai lati gli alberi della vita, ed ai suoi piedi l’agnello sacrificale dal quale sgorga un rivo dacqua che si divide in quattro ruscelli scorrendo verso linterno della basilica.

Numerose le scritte che sottolineano queste immagini. Nella volta a fianco, quattro personaggi rovesciano da grandi otri l’acqua dei quattro ruscelli dell’Eden, e rappresentano un legame diretto tra cielo e terra. Troviamo anche la Cappella dei Santi, così definita per la presenza nell’absidiola di trilogie di santi (tra cui troviamo San Giacomo e San Benedetto) e la Cappella degli Angeli, con i sette angeli dell’Apocalisse.

Sotto il catino absidale invece le trilogie rappresentano le categorie angeliche: angeli, arcangeli, principati, potestà, virtù, dominazioni, troni, mentre i cherubini ed i serafini, riconoscibili dalle sei ali, sorreggono il Cristo nella mandorla. . In sintesi il messaggio qui raffigurato è: Cristo ha affidato alla Chiesa (san Pietro, san Paolo, i papi) la sua parola di vita; chi laccoglierà, ricevendo il Battesimo e vivendo secondo le virtù (teologali e cardinali) sarà degno di accedere alla Città Celeste, alla salvezza eterna in Paradiso.

Il messaggio prosegue nelle due piccole cappelle, quella dei santi e quella degli angeli che ci ricordano che la chiesa è una comunità più vasta di quella presente sulla terra, perché abbraccia anche coloro che ci hanno preceduto sulla strada della fede. La parte interna si presenta allo sguardo con una forma molto semplice: una pianta rettangolare con una sola navata ricoperta da una tetto sostenuto da travi a vista.

Tuttavia ha una particolarità abbastanza inconsueta: ha due absidi, uno dietro all’altare e uno sulla facciata. Sorprendono le decorazioni che ornano gli archi, le colonne, gli spunti iconografici rappresentati nei bassorilievi, i disegni stilizzati ed i motivi orientaleggianti. Nel presbiterio, di fronte all’ingresso della Basilica, si trova il ciborio, sopra l’altare, di rara bellezza; ne troviamo un esempio similare nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, considerato un vero e proprio capolavoro della decorazione plastica medievale.

Gli altorilievi in stucco rappresentano episodi della vita di Gesù e sopra, i capitelli delle quattro colonne, sono modellati i simboli degli evangelisti. È evidente che i capitelli e le colonne del ciborio sono stati rifatti con modalità e materiali molto diversi dopo il ‘600 . Si nota, infatti, come i capitelli stessi siano in stile corinzio e rifatti in gesso.

Anche le colonne sono state successivamente ricoperte con intonaco liscio, a differenza di tutte le altre colonne dell’edificio che sono invece lavorate. Il ciborio appare come completamento del discorso teologico svolto all’interno dell’intera basilica. Il frontone volto alla navata mostra in bassorilievo il Cristo morto in croce, con gli occhi aperti e il volto sereno, affiancato dalla Madonna e da San Giovanni, rispettivamente simboli della Chiesa e dell’umanità, mentre in alto, accanto al capo di Cristo, il sole e la luna, simboli dell’intero universo, rendono universale l’avvenimento.

Sul pennacchio svetta l’aquila, simbolo del potere imperiale tedesco a conferma dellappartenenza del monastero . Sui lati troviamo la Resurrezione (qui la proporzione tra le figure non è naturale: prevale (come spesso allora si usava) la grandezza morale a quella fisica); poi il Cristo in trono circondato da una mandorla sostenuta da due angeli. Nella parte interna della cupola ai quattro angoli, i quattro angeli dell’Apocalisse che trattengono i quattro venti della terra, al centro un agnello è circondato da diciotto figure umane, i beati, di cui otto in veste bianca e dieci con un mantello di porpora sulla veste candida.

L’insieme pittorico e architettonico dà luogo a una interessante ipotesi basata sui numeri e segni che danno vita a interpretazioni simboliche di cui la cultura medioevale era ricchissima! Volgendoci verso luscita dalla chiesa incontriamo un affresco molto bello, sulla parete di fondo, altro gioiello presente in questa chiesa. L’affresco che copre la parte alta della controfacciata, è ispirato ai miti dell’Apocalisse sul tema della lotta contro il male, quel drago a sette teste che da sempre minaccia le esistenze umane.

Il male sarà sconfitto: sono visibili, sotto il drago, alcuni piccoli diavoli che precipitano in basso. Osserviamo che le pareti presentano anche altri affreschi. Sono opere molto più tarde rispetto alla chiesa e alla sua decorazione: sono databili fra il Quattrocento e la metà del Seicento. Si tratta, in tutti i casi, di ex-voto.

Essi hanno ricoperto la decorazione pittorica originaria che ornava l’interno della chiesa. Uno splendore che noi oggi possiamo solo immaginare. La transenna della scala che scende alla cripta è all’esterno completamente lavorata in stucco. Il racconto iconografico, esprime, in tre quadri successivi, una profonda riflessione culturale e teologica sulla realtà del mondo e dell’uomo. Il primo quadro, costruito in una cornice di viticci in bassorilievo, mostra due animali, un grifone ed un leone che mangiano delle foglie che scaturiscono da un calice rituale.

E’ la rappresentazione originaria del mondo, il caos iniziale in cui l’uomo (raffigurato dal leone) ed il grifo alato (simbolo di entità e forze misteriose) convivono e si nutrono indistintamente di una vita che sgorga dalla fonte primitiva rappresentata dal calice, radice della vita. Nel secondo quadro, la vita si trasforma attraversando una maschera, cioè si umanizza ed i leoni si nutrono dei frutti prodotti da questo processo ma questo non può bastare all’uomo per superare il vizio originario figurato dal peccato originale: un serpente, attorcigliato su un albero, tiene nelle fauci una mela.

L’ultima immagine rende il senso di salvezza dell’uomo. I leoni non si cibano più del frutto della vite, ma del simbolo di Cristo, il pesce e per questo acquisiscono le ali, simbolo di spiritualità e si trasformano, nella parte terminale del corpo, in pesci. È la figura del cristiano destinato alla dimensione eterna. Metamorfosi totale, che prende l’animo dell’uomo, la sua esistenza e la sua figura.

Con semplicità assoluta, in tre bassorilievi, l’artista-teologo ha sintetizzato la storia dell’umanità nella prospettiva cristiana e ci lascia solo immaginare quale dovesse essere la magnificenza e complessità intellettuale del messaggio offerto dall’intero ciclo di affreschi ed immagini all’interno della navata! La discesa nella cripta riserva un’ulteriore emozione; luogo nascosto che suscita sempre una sensazione di mistero: siamo nella parte più antica e originale di tutto il complesso dedicato alla Madonna, movimentato da una serie di agili colonnine, è valorizzata da preziosi bassorilievi che un tempo, insieme agli affreschi, dovevano rivestire gran parte delle superfici.

Rimangono tuttavia alcune decorazioni nella parte absidale: una porzione della scena della presentazione di Gesù al tempio, la profetessa Anna e Simeone che accolgono il bambino con un drappo posto sulle mani. Altri episodi della vita di Gesù tra cui Cristo in croce affiancato da S.Giovanni e la Madonna. Sopra, nella lunetta, separata da una semplice cornice a foglie, è presentata l’Assunzione . La Madonna è stesa su un letto dormiente.

Tutt’attorno stanno gli Apostoli col Cristo distinto da un’aureola crociata. Un baldacchino copre la parte sinistra della scena e su di esso è costruita la Città Celeste con estrema sinteticità. L’intera scena si stende fra due colonne quadrangolari su cui restano quasi intatti gli ornamenti floreali in stucco ed in cui si riconosce coerente l’influenza dell’arte carolingio-ottoniana. Vari personaggi portano ognuno una torcia accesa da cui pende un tondo contenitore d’olio.

Tra essi, una Santa Agnese dai tratti finissimi, dalle incredibili sfumature interpretative e cromatiche racconta ancora oggi la maestria, l’amore e la fede degli anonimi artisti-decoratori, che qui hanno lavorato in secoli così remoti. Accanto all’edificio della chiesa (sul lato nord) si trova un cortiletto con un edificio a due piani.

La visita si avvia alla conclusione lasciandoci nell’animo lo stupore indelebile regalatoci da questa perla conservata sul monte, quasi nascosta a tanti occhi immersi nel frenetico e convulso vivere quotidiano.

Indicazioni pratiche:

Abbazia di San Pietro al Monte – Civate (Lc)

Si raggiunge in auto tramite la Superstrada Milano Lecco con uscita a Civate o con mezzi pubblici: treno fino a Lecco poi autobus fino a Civate.

La basilica è aperta tutti i giorni festivi grazie all’impegno dei volontari dell’Associazione Amici di San Pietro (09:00-12 / 13:30-16:00) che provvedono anche alle visite guidate.

Per informazioni e accordi per la visite guidate: tel 0341/551576

itinerario: Civate (prov. Lecco) – San Pietro al Monte (Monte Cornizzolo) dislivello: circa 340 m., da Civate (290 m.) a San Pietro (630 m.) parcheggi per S. Pietro: via Don Rossetti, via Cerscera, via Baselone, presso il Comune, via del Crotto, via Abate Longoni. (seguire le segnaletiche in loco)

Autore Stilton