tommaso_gesùVANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

RIFLESSIONE

27 aprile 2014

TOMMASO IL GEMELLO
2a domenica di Pasqua A

Uno di loro, Tommaso, detto “Didimo”.
“Didimo” cioè “ il Gemello”, ma non si dice di chi.
E se fosse il nostro gemello?
Gemello per il suo percorso fatto di lentezze e di dubbi.

Tommaso “non c’era!”
Quante volte anche noi “non ci siamo”.
Siamo da un’altra parte, assorbiti dalle nostre faccende.
O se siamo qui da lui, da Dio, abbiamo la testa tra le nuvole.

E il Signore ritorna, ripassa, e… arriva a porte chiuse.
Non butta giù i muri delle nostre debolezze, non distrugge i catenacci dei nostri dubbi, non vince le nostre paure e insicurezze.
Lui ci entra dentro.
E lascia comunque che siamo noi a aprire, solo se vogliamo.

Io mi riconosco in Tommaso:
con la voglia di credere e insieme con la paura, con il mio aggrapparmi a cercare dei segni, con le mie tentazioni, incertezze, difficoltà, dubbi, lentezze…

Il Signore anche oggi a me, a te, a ciascuno di noi, mostra le sue piaghe e dice semplicemente: “pace a te”.
Non ci obbliga a credere, con effetti sensazionali,.
Fa con noi come fa con Tommaso: ci aspetta. Ripassa.
Non si scoraggia, lui. Torna in punta di piedi.
Crede in noi, più di quanto noi crediamo in lui.

Molto meglio un dubbio autentico che una facile sicurezza che dispensi dal pensare e dal mettere in questione le cose.

Nella vita la sofferenza non si può eliminare e le fatiche non si può far finta che non ci siano.

Noi a volte ci scoraggiamo perché sbagliamo punto di vista.
Se mi succedesse di ferirmi non faccio uno sforzo mentale per cercare di dimenticarmi di essermi fatto male, ma mi disinfetto, anche se brucia. E aspetto che cicatrizzi.
Quando sono guarito, poi, la cicatrice resta comunque.

Questa è la logica di Dio che noi dovremmo imparare:
Dio non fa niente per toglierci i dubbi, le cicatrici restano.
Dio fa di tutto per entrare dentro nelle nostre chiusure, per trasformare le ferite in feritoie attraverso cui passa la luce.

Guardiamo così alle nostre ferite attraverso le sue piaghe aperte.

Guardiamo alle nostre mani bucate, come le sue, ma sono mani giunte bucate da preghiere vuote e insulse mani che non si sono tese ad aiutare gli altri, mani che si sono chiuse a puntare il dito.

Guardiamo ai nostri piedi bucati, come i suoi, ma noi per aver avuto paura a camminare dentro di noi, per aver avuto dubbi nel correre verso chi ci sta intorno.

Guardiamo al nostro cuore ferito, come il suo, ma noi dalle nostre fragilità, dalle nostre preoccupazioni, dalla nostra aridità, dal nostro egoismo. Accartocciato.

Impariamo da Tommaso ad essere uomini in ricerca, che respingono certezze preconfezionate da altri e surgelate, che non accettano a scatola chiusa idee tranquillizzanti.

Tommaso è maturato solo quando ha perso per strada le sue illusioni, le diffidenze, le supponenze, le presunzioni.

Anche noi, come lui, “dalle sue piaghe possiamo essere guariti”.