VANGELO

zaccheo

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

RIFLESSIONE

3 novembre 2013

VIENI GIÙ DALLA PIANTA!
31ma domenica del Tempo Ordinario C

L’albero di questo Vangelo ha un frutto strano, anzi abusivo:
un uomo piccolo di statura, corto di testa e stretto di cuore,
disprezzato da tutti, forse anche da se stesso: Zaccheo.
Gesù sa vedere, sa scoprire, sa trovare qualcosa di buono
là dove per tutti c’è solo un frutto irrimediabilmente marcio.
Il Creatore sa che il marcio nella frutta può solo nascondere,
ma mai riesce a soffocare il seme buono all’interno.

Dio cerca sempre una scintilla di bellezza incontaminata
nascosta sotto la crosta ammuffita del nostro cuore.
Dio scommette sul meglio che c’è in ogni uomo,
mentre noi siamo sempre pronti a giurare sul peggio.
Dio crede nelle energie e possibilità positive di ogni uomo,
mentre noi siamo facilmente rassegnati o scoraggiati.

Matura un frutto buono dove nessuno avrebbe mai cercato
perché il sicomoro è una pianta “sterile” (da ornamento).
Zaccheo è ammuffito, chiuso nel suo non piacersi,
ombroso dentro e spinoso fuori, come spesso lo siamo noi.

Zaccheo è un uomo che vive chiuso dentro:
chiuso nel disprezzo degli altri, chiuso nel suo egoismo
chiuso nella sua ossessione di accumulare.

Gesù arriva come una lama di luce, inaspettata e gratuita:
“Zaccheo, scendi dalla pianta, oggi vengo a casa tua!”.
Come succede nella vita, quando entra l’amore,
si alzano le tapparelle e si spalancano le finestre alla luce.
Si respira aria nuova e non più ammuffito odore di chiuso.
L’amore vero ti conosce del tutto e ti sceglie al di là di tutto.

Non con un rimprovero, ma con uno sguardo di tenerezza
Zaccheo diventa un uomo nuovo, libero, sereno.
Quello sguardo permette a Zaccheo di ritrovare se stesso.
Guardando in modo nuovo se stesso, ritrova gli altri.
Infatti Zaccheo dice la sua fede ritrovata
non con una formula: “Credo in te Gesù, non peccherò più”,
ma con un amore concreto: “Aiuterò gli altri con i miei beni”.

La fede, come l’amore, quando non è fatto di concretezza
scivola subito dalle parolone, alle paroline, alle parolacce.

Il Signore ripete a ciascuno di noi oggi: “scendi dalla pianta!”.
Dio non ci vuole già angeli, ma uomini con i piedi per terra.
È curioso che nell’ostico mio dialetto bergamasco si usi
proprio “scendi dalla pianta” (E šo dal broc) per dire: svegliati!
apri gli occhi a una realtà diversa! riprendi in mano la vita!

Che il Signore aiuti anche noi a rompere il guscio
che continua a renderci ombrosi dentro e spinosi fuori,
facendoci incontrare l’Amore vero, quella spada di luce,
che insegna a guardarti per quello che sei, con tenerezza,
che ti rende libero, nuovo, perdonato, sereno e grato,
con gli occhi pieni di cielo e i piedi ben piantati per terra.

Interessante che Zaccheo desiderava da tempo vedere Gesù:
nella vita i desideri e i sogni spesso sono complici di Dio.

C’è un altro dettaglio: Gesù si ferma e Zaccheo si muove.
Si inverte il movimento. Dio ti rimette in moto “in casa tua”.

La “vita” di Zaccheo, raggiunta da quello sguardo di amore,
si apre ad una “storia” nuova: stessi personaggi e location,
ma cambiano il regista, le luci e il copione.

Shakespeare potrebbe ben dire riferendosi a Zaccheo:
“C’è una storia nella vita di tutti gli uomini”.

Così è per noi:
Dio ci dà la “vita”, ma noi dobbiamo farne una “storia”.
Invece siamo tanto esperti nel tirarci storie.

Le cicatrici ci devono ricordare dove siamo stati,
ma non devono mai determinare dove andremo.