amministrareVANGELO

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

22 settembre 2013

ERRORI SÍ, COLPE NO: QUESTA È LA SCALTREZZA

25ma domenica del Tempo Ordinario C

Come può il Vangelo avere come protagonista un disonesto? Gesù loda non la disonestà ma l’abilità dell’amministratore.

Intorno a noi tutto è sempre più complesso e complessato.Gli esperti di poker, per vincere, prima osservano le reazioni di chi hanno davanti alle carte che prendono e solo dopo guardano le proprie carte per decidere che gioco fare.

L’amministratore del Vangelo sa valutare molto bene la realtà.

Ha combinato un disastro. Non ha scampo né alternative.

Non può fare nulla di più, ma può fare qualcosa di diverso.

Bisogna cambiare logica. Serve una scelta creativa.

Quando una “cosa” non va, sei “tu” che devi cambiare.

Impara a perdere, cioè vedi le cose in maniera diversa.

Se sbatti la testa contro il muro ciò che si rompe è la testa.

Invece di illuderti a voler buttare giù il muro a testate, prova a spostarti e accorgerti che poco più in là c’è una porta.

Il Vangelo ci mette di fronte al nostro rapporto con la colpa.

L’amministratore, perso nella colpa, fa due pensieri.

Il secondo è: “zappare”. È il dirsi: “È giusto che io paghi!”

È il voler far qual cosa per recuperare a tutti i costi.

Il secondo è “mendicare”. È il dirsi: “È giusto che io soffra!”.

È l’annientarsi del ranicchiarsi ai margini della strada della vita.

In ambedue il risultato è peggiore dell’errore di partenza:

non puoi sfalsare la realtà, né per difetto né per eccesso.

Infatti, la risposta che si dà è: “Ma io non ce la faccio!”

L’amministratore “scaltro” non perde la propria dignità.

Ogni avvenimento della vita non è mai uno spreco,

se lo vedi comunque come lezione. Anche il fallimento.

Dio si annoia terribilmente a guardare chi si crede santerellino.

A volte il “tutto bello” nasconde persone acide, aride, ammuffite:

i peccatori lo divertono molto di più, perché sono vivi e vivaci!

Dio non si lascia tanto colpire dai nostri “errori” (o peccati),

ma è più preoccupato delle nostre “colpe” e sensi di colpa.

Il senso di colpa logora e per di più non va mai a spasso da solo:

si fa accompagnare dai suoi amici cioè il dubbio e l’insicurezza.

La scaltrezza dell’amministratore è invece affrontare l’errore.

È l’audacia del mettersi in questione, accettando la sconfitta:

“Non è andata come volevo. È finita, ma io non sono finito”.

Trasformare un errore in forza, passione e grinta: questa è grazia.

Quando le cose non funzionano le tanto di moda teorie americane

di self making (l’arte del farsi da sé, del ricostruirsi) propongono

“4 L”: Live, Love, Laugh, Learn – vivi, ama, sorridi, impara.

Gesù ci era arrivato prima: “la verità vi farà liberi” (Gv).

La colpa è quella vocina che ti punisce ripetendoti: “fai schifo!”.

L’errore è quel grido che fa il tifo ripetendoti: “vali di più!”.

La colpa è ferita aperta nel presente e logora il futuro.

L’errore è ferita cicatrizzata nel passato e migliora il futuro.

Gli errori sono da aprire, le colpe da chiudere.

Gli errori sono medicine, le colpe sono veleni.

Guardando l’amministratore furbo immaginiamo Gesù dirci oggi:

“Se l’attenzione, l’energia da scrutatore, i rigiri mentali,

che dedichiamo al nostro portafoglio o a quanto fanno gli altri,

la mettessimo nel correggere con sorrisi di verità i nostri errori,

la storia e le storie cambierebbero subito!”.

C’è un particolare fantastico nascosto tra le righe della parabola:

cambiano le carte ma il padrone no. Lui attende e non caccia.

Resta: all’inizio chiede conto, alla fine loda il “disonesto”.

Dio, come dice Dante, è colui che “volentier perdona” (Purg. III).

Tu quanto devi alla Vita? Siediti e scrivi: “Errori sì, colpe no!”.